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Alessia Tardino si era confidata a scuola: «Papà e lo zio litigano»

«Alessia è, e dico è perché faccio fatica a pensare al passato, una ragazza seria, pulita, i cui occhi sorridevano. Dai suoi occhi traspariva il suo desiderio di apprendere e di vivere». A parlare in un'intervista all’Adnkronos, come si legge sul sito dell’agenzia, è Floriana Costanzo, l’insegnante di italiano di Alessia Tardino, la ragazza di soli 15 anni, di Licata, uccisa dallo zio assieme a Vincenzo, il fratello di 11 anni, e ai genitori, Diego Tardino e Alexandra Ballacchino. Frequentava il liceo classico Linares.

Ma il sito dell’Adn pubblica un altro particolare molto rilevante. Alessia avrebbe confidato ai compagni dei dissidi tra il padre e lo zio Angelo, l'uomo che stamattina, al culmine dell'ennesima lite per questioni di interessi legati alla terra, ha sparato a tutta la famiglia del fratello e poi si è tolto la vita. «Oggi, cercando di parlare con i suoi compagni - racconta la professoressa -, ho saputo che la sua amica del cuore diceva che Alessia aveva detto che c’erano screzi tra il papà e lo zio». Forse però la ragazza non pensava si trattasse di qualcosa che avrebbe potuto portare a un gesto così grave. «Se fosse stato un problema reale, ce lo avrebbe detto. I ragazzi si confidano con noi», dice con sicurezza l'insegnante.

Invece, o Alessia non si è confidata oppure Alessia non aveva compreso a che punto fossero arrivati i contrasti, le liti per la suddivisione della «roba» di famiglia, centinaia di ettari di terreno in cui si coltivano ortaggi e primaticci in serra come carciofi, pomodori e zucchine. Proprio la suddivisione di questi terreni tra i due fratelli avrebbe originata l’ennesima lite sfociata poi in tragedia. Le liti andavano avanti da tempo, forse da anni. Consumato il folle gesto, l’assassino è risalito in macchina, lasciandosi alle spalle, lungo via Riesi, la statua bianca di un Gesù che allarga le braccia, ha percorso circa due chilometri e si è fermato sotto un cavalcavia telefonando alla moglie: «Li ho uccisi tutti...».

È stata la signora ad avvisare i carabinieri che dopo essersi precipitati sul luogo dell’eccidio si sono messi immediatamente alla caccia dell’omicida. Il fuggitivo è stato raggiunto telefonicamente dai militari dell’Arma che hanno, provato a convincerlo a costituirsi. L’uomo, in un primo momento era sembrato propenso a presentarsi in caserma, poi però - mentre era ancora al cellulare con i militari - si è sparato alla tempia. Quando l’auto dell’agricoltore è stata ritrovata, e sono giunti i sanitari del 118, Angelo Tardino era agonizzante ma respirava ancora. È stato chiesto l’intervento dell’elisoccorso, i sanitari hanno intubato il ferito, che era già in coma, e lo hanno trasportato all’ospedale Sant'Elia di Caltanissetta. Ma i medici hanno spiegato che non c'era nulla da fare. «Il paziente non è operabile, le lesioni riportate sono gravissime e incompatibili con la vita» ha detto il primario del reparto di Rianimazione Giancarlo Foresta. Poco dopo, Tardino è spirato.

I carabinieri di Licata - coordinati dal capitano Augusto Petrocchi, dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dal sostituto Paola Vetro - hanno cercato di ricostruire i motivi che hanno determinato la tragedia, interrogando diversi familiari. Hanno anche interrogato in caserma il padre dei due fratelli, per ricostruire il movente della strage. Per investigatori e inquirenti, il fatto che Tardino si sia recato a casa del fratello con tre pistole non lascia dubbi sulla premeditazione. «La comunità è sgomenta e l’amministrazione si sta muovendo per dichiarare il lutto cittadino per i funerali delle vittime dell’efferato omicidio, soprattutto per i bambini coinvolti nella tragedia», dice il sindaco di Licata, Pino Galanti. «Conosco alcuni componenti della famiglia, so che sono gente perbene, grandi lavoratori», aggiunge il vice sindaco Antonio Montana. «L'unica spiegazione che si può dare è quella di un raptus di follia». Padre Totino Licata, parroco della chiesa San Giuseppe Maria Tomasi, spiega che i tre fratelli, prima, vivevano tutti nello stesso stabile, ognuno in un piano. «Poi, la sorella è andata via, trasferendosi nelle case del marito - ha spiegato - e poi proprio Angelo Tardino si è trasferito nella casa di campagna. Cosa sia successo di recente non so».

Sgomento anche tra i compagni del più piccolo fra gli sfortunati protagonisti di questa tragedia, Vincenzo: «Era un bambino allegro, generoso, pieno di voglia di vivere» dice Tiziana Alesci, l'insegnante del ragazzino che frequentava la seconda media dell’istituto comprensivo Marconi.

 

 

 

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