«Il mio assistito è in cura da 20 anni da uno psichiatra, io ritengo che abbia una semi infermità mentale». Lo dice l’avvocato Santo Lucia, legale di Adriano Vetro, il 47enne che ieri ha sparato a bruciapelo un colpo alla nuca del suo cardiologo, il dottor Gaetano Alaimo, uccidendolo. L’omicidio è avvenuto ieri nel poliambulatorio di Favara. L’assassino è stato fermato poco dopo nella sua abitazione. A indicare ai carabinieri l’identità del killer sono state le segretarie presenti nello studio medico.
«Il signor Vetro ha immediatamente confessato il delitto ai carabinieri - ha spiegato il legale - e ha indicato dove si trovava la pistola, sostenendo di averla trovata in campagna mentre girava per comprare un terreno. Dichiarazioni confermate in presenza mia e dei magistrati nel successivo interrogatorio». Alla base del delitto ci sarebbe stato il rifiuto del medico di rilasciargli un certificato per il rinnovo della patente. Vetro è un bidello, non è sposato e viveva con i suoi genitori. Tra domani e dopodomani ci sarà l’udienza di convalida del fermo. Paziente e specialista avevano avuto screzi passati sempre legati al rilascio del certificato. «Nulla poteva far pensare a una cosa simile», ha aggiunto il legale. L’uomo è entrato al poliambulatorio e ha atteso l’arrivo di Alaimo. Appena lo ha visto gli ha sparato.
«Non vi sono, ad oggi, elementi documentali dai quali ricavare che Adriano Vetro fosse gravato da una qualche patologia di carattere psichiatrico. Se verrà avanzato dalla difesa e documentato potrà essere oggetto di un accertamento successivo». Lo ha spiegato il procuratore capo, facente funzioni, Salvatore Vella in merito a quanto ieri sera è stato sostenuto dall’avvocato difensore del bidello favarese, l’avvocato Santo Lucia. Il legale ha evidenziato che il suo assistito era in terapia da uno psichiatra di Palermo da diversi anni, indicando anche il nome del professionista.
«Il dottore Gaetano Alaimo stava semplicemente facendo il proprio mestiere, e in un contesto di difficoltà economica, e di non certo serenità da parte dell’indagato, si è registrata la tragedia. Ma dobbiamo continuare a registrare una incredibile disponibilità e facilità nel reperimento ed utilizzo di armi clandestine», ha detto, in conferenza stampa, il procuratore capo, facente funzioni, di Agrigento, Salvatore Vella, sull’omicidio del cardiologo a Favara. La pistola trovata in casa di Adriano Vetro, arrestato per omicidio premeditato dai carabinieri poche ore dopo il delitto, è risultata essere rubata nel 1979 in provincia di Catania. Aveva delle munizioni nel caricatore, ma altre decine sono state trovate e sequestrate da militari dell’Arma nella casa dell’indagato.
Adriano Vetro, il bidello di Favara arrestato, in quasi flagranza di reato per l’omicidio del cardiologo Gaetano Alaimo, ha riferito - durante l’interrogatorio di ieri - di aver trovato la pistola in campagna. E non è la prima volta che racconti del genere vengono fatti, quasi come se le campagne Agrigentine fossero «coltivate» a «piantagioni» di armi, dopo omicidi.
«Questa è una provincia che continua ad avere una disponibilità di armi clandestine incredibile che provengono, per la maggior parte, anche da traffici illeciti internazionali - ha evidenziato il procuratore capo Salvatore Vella - . Dalla Germania e dal Belgio, anche la criminalità organizzata ha attinto armi da fuoco. Ma non soltanto. In questo caso, era un’arma rubata in Sicilia e quindi vi è un giro regionale. Usciti dall’emergenza di definire le indagini per questo omicidio, attenzioneremo anche questo aspetto che riguarda la detenzione, la commercializzazione di armi illecite. Perché in un contesto di difficoltà economiche e sociali, la disponibilità di armi in mano a soggetti ‘normalì, non alla criminalità organizzata, può portare ad episodi di questo tipo. Attenzioneremo questi traffici di armi, ma non soltanto in Comuni come Favara o Palma di Montechiaro, ma anche in altri paesi del circondario».
Sulla vicenda interviene Giuseppe Barba, legale della famiglia di Gaetano Alaimo, il cardiologo ucciso: «La famiglia e l’intera comunità sono sconvolte, i figli e la moglie devono ancora metabolizzare questo dramma insensato. A Favara, ma non solo lo conoscevamo tutti, aveva tantissimi pazienti, era un lavoratore instancabile, capace di lavorare dalle 7 di mattina alle 11 di sera. Non sappiamo ancora se la Procura disporrà l’autopsia - spiega - Da questo dipenderà la data del funerale».
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