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Omicidio Di Falco, l'allarme del procuratore di Agrigento: «Troppe armi in giro»

Di Leo: «Viviamo in una società civile, di diritto, dove i conflitti si risolvono ragionando. Questa cultura della sopraffazione deve sparire, nell’interesse dei figli»

«In provincia di Agrigento gira una quantità di armi anomala. Da parte dell’autorità giudiziaria non vi saranno sconti perché non c’è ragione che giustifichi la detenzione e il porto in luogo pubblico di un’arma da parte di persone che non sono autorizzate».
Lo ha detto il procuratore Giovanni Di Leo, durante la conferenza stampa convocata in questura per lanciare un appello affinché si interrompa la spirale di violenza che dilaga nell’Agrigentino.
«Viviamo in una società civile, di diritto, dove i conflitti si risolvono ragionando. Si risolvono nelle sedi proprie che sono quelle giudiziarie, si risolvono in modo civile, non a colpi di pistola - ha aggiunto Di Leo - . Quanto accaduto, con vittima la stessa persona che impugnava l’arma, è la dimostrazione che il metodo è sbagliato. Questa cultura della sopraffazione deve sparire, nell’interesse dei figli».

Restano intanto in carcere i tre indagati per la morte di Roberto Di Falco, 37 anni, di Palma di Montechiaro, deceduto venerdì scorso nella sparatoria avvenuta nel parcheggio della concessionaria «Auto per passione» al Villaggio Mosè. Si tratta di Angelo Di Falco, 39 anni, fratello della vittima, Domenico Avanzato, 36 anni, e Calogero Zarbo, 40 anni, tutti di Palma di Montechiaro.

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