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«Quei due ragazzi sugli scogli... Sarebbero morti di sicuro»: il racconto del pescatore di Lampedusa

Salvatore Del Volgo assieme al figlio ha salvato due giovani ivoriani, che a nuoto avevano raggiunto la costa dopo il naufragio del barchino

Salvatore Del Volgo assieme al figlio dopo il salvataggio dei due ragazzi ivoriani

«Se non li avessimo issati a bordo, per le condizioni in cui erano, non ci sarebbe stata un’altra alba per loro. Mio figlio mi ha detto: “Papà avremo dei guai!”. “Sono io il comandante, portiamo in salvo questi ragazzini”, gli ho risposto». Salvatore Del Volgo, pescatore di Lampedusa, racconta il salvataggio dei due giovanissimi migranti, recuperati nel tardo pomeriggio di ieri, lunedì 20 novembre, sugli scogli.

Quando la barca, partita da Sfax, in Tunisia, con 53 persone a bordo, è colata a picco, i naufraghi hanno raggiunto a nuoto gli scogli di Capo Ponente. Quarantatré sono stati salvati dalla Capitaneria di porto, fra cui la bimba di 2 anni che è morta prima di essere sbarcata al porto, 8 i dispersi. Due, a nuoto, sono arrivati invece sulla scogliera di Muro Vecchio.

«Stavamo pescando davanti a Capo Ponente - prosegue Salvatore Del Volgo - quando abbiamo visto un gruppo di migranti, fra 10 e 15 persone. Ho chiamato i carabinieri, che ci hanno detto che ci avrebbero pensato loro a fare intervenire le motovedette, e abbiamo proseguito. Proseguendo verso Nord, con mio figlio Giuseppe abbiamo visto altre due persone arrampicate sugli scogli. Appena hanno scorto la nostra barca, si sono buttati in mare, cercando di raggiungerci».

Salvatore Del Volgo non ha dubbi: «Non potevamo lasciarli lì, non sarebbero sopravvissuti. Li abbiamo issati a bordo, fatti mettere vicino al motore dove c’era un po’ di caldo e coperti con tutto quello che avevamo sulla barca. Erano stremati, avevano sete e fame».

Salvatore e Giuseppe hanno dato ai due, che pare siano fratelli, due bottiglie d’acqua e un filone di pane. «Uno in particolar modo, per quanto era malconcio, abbiamo temuto che non arrivasse a terra», aggiunge Salvatore Del Volgo, che non aveva mai soccorso prima dei migranti. «Alcune volte, durante le battute di pesca, abbiamo visto e segnalato barchini in viaggio. Ma mai ci siamo trovati in questa situazione», spiega il lampedusano, abituato ad uscire in mare con il peschereccio intorno alle 4,30 e poi con la barca più piccola nel pomeriggio. «Avevano fame - ricorda - ed erano morti di sete. Abbiamo dato tutta l’assistenza possibile durante il viaggio verso Cala Pisana. Abbiamo chiesto cosa fosse successo. Hanno ripetuto “barchino, barchino”, ma non c’erano imbarcazioni dove li abbiamo recuperati».

I due pescatori non sapevano ancora che nel primo pomeriggio una carretta era naufragata nelle acque di fronte a Capo Ponente. «Abbiamo capito che i due ragazzi sono fratelli, dovrebbero avere meno di 20 anni, ma non siamo riusciti a comprendere da quale Paese provengono. Credo siano ivoriani, so solo che stavano male».

I due ragazzi, che devono la vita a Salvatore e Giuseppe Del Volgo, sbarcati a Cala Pisana con l’ambulanza del 118 sono stati portati al poliambulatorio: uno addirittura è stato messo sulla barella perché non riusciva a reggersi in piedi. «Non sappiamo che fine faranno, ma di una cosa sono certo: non potevamo lasciare quei ragazzini sugli scogli di Muro Vecchio», conclude il pescatore.

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