«È stato il destino, è stato il destino. È la volontà di Dio!». Non ha mangiato e non si è alzato dalla branda per due giorni. Ibhraim, 24 anni, originario della Costa d’Avorio, ospite dell’hotspot di Lampedusa, ha perso la moglie, un fratello e un amico. Il barchino sul qualche viaggiava, assieme ad una trentina di persone, tre giorni fa, è affondato. Quando s'è alzato dal letto, ancora sotto choc, ha provato a dare conforto al connazionale, più giovane di un paio d’anni, che ha visto annaspare e morire l’amico con il quale viaggiava.
«Due cose non possiamo scegliere: la vita e la morte», continua a ripetere, facendo coraggio agli altri superstiti. «Chi ha più forza, supportando gli altri, supporta se stesso», spiega Marina Castellano, team leader di Medici senza Frontiere, che danno aiuto psicologico ai sopravvissuti dei naufragi fra i padiglioni dell’hotspot. Ibhraim ha perso la moglie e il fratello. Ha provato a salvarli entrambi, ma li ha visti scomparire fra le onde del mare.
«Non sapevo chi aiutare prima - racconta -. Tutti e due mi sono stati strappati via dalle mani. Ho tenuto a galla altre persone, le ho salvate. Ma non sono riuscito a farlo con loro. Non ci sono riuscito!». Gli fa eco l’altro suo connazionale, che ha 22 anni: «Continuo a vederli mentre annaspano in acqua, provo ad afferrarli prima di vederli scomparire. Ma è tutto inutile...». Il team di Msf fornisce supporto psicologico anche ai migranti che erano sullo stesso barchino dove sono morte le due gemelline di poco meno di un mese. «Non si sono neanche resi conto di quello che stava accadendo, erano tutti ammassati e nessuno ha capito - racconta Marina Castellano - . Solo quando sono giunti al molo Favarolo e hanno visto piangere e urlare la madre, e il fratellino di 4 anni delle piccole, hanno capito...».
Intanto, i bambini che erano su quel barcone, assistiti da Save the Children, giocano, quasi a volere esorcizzare il dramma di cui sono stati testimoni. Nel piazzale del centro di prima accoglienza, fra una risata e l’altra, fanno comunella e corrono ad abbracciare le mamme. I ragazzi di Lampedusa hanno fatto arrivare ai bimbi ospiti dell’hotspot una trentina di disegni raffiguranti una barca con all’interno una persona e delle scritte che rimandano ai concetti di pace, fratellanza e sostegno nei confronti dei più deboli. A Lampedusa stamane è arrivato anche il procuratore capo di Agrigento, facente funzioni, Salvatore Vella, per un vertice con le forze dell’ordine e i soccorritori.
«L'obiettivo - sottolinea il magistrato - è catturare i trafficanti, gli scafisti. Quello che chiediamo è la presenza di maggiori interpreti a disposizione delle forze di polizia. Servono a ricostruire fatti di reato e catturare presunti colpevoli, altrimenti siamo ciechi e sordi». Il procuratore, così come richiesto anche dal sindaco Filippo Mannino, accelera anche il trasferimento delle salme accatastate da giorni nella camera mortuaria. In serata 4 sono state caricate - assieme a circa 500 ospiti dell’hotspot - sul traghetto Pietro Novelli. E mentre le bare vengono caricate sulla nave, in porto arrivano altri due cadaveri, prima quello di un uomo e poi quello di una donna, appena ripescati dopo il naufragio dell’ennesimo barchino. In 31 sono stati soccorsi e tratti in salvo, ma c'è anche un disperso.
«Ammiro il lavoro di chi salva vite umane, ma si deve considerare, per quanto riguarda Lampedusa, che quest’isola non può essere considerata l'unico porto sicuro - commenta il sindaco Mannino, riferendosi alle nuove direttive del governo pronto a non assegnare porti sicuri alle navi ong - . Se l’Europa veramente vuole concretizzare i valori della solidarietà e coesione fra le nazioni è giusto che tutti gli Stati partecipino al soccorso e all’accoglienza dei migranti».
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