Oltre un anno in carcere e molti mesi ai domiciliari con l’infamante accusa di avere abusato della figliastra per sette anni. La Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi delle parti civili e scagiona definitivamente, a distanza di 8 anni dall’arresto, un netturbino e la compagna accusata di non averglielo impedito.
Il principale imputato, il 3 ottobre del 2015, era finito in carcere. Per la donna non è stata applicata nessuna misura cautelare e il suo nome è comparso nell’inchiesta soltanto in un secondo momento. L’indagine è stata molto breve ed è durata circa due mesi. Raccolta la denuncia della stessa ragazzina, i poliziotti si sono attivati per cercare riscontri alle accuse. Gli investigatori hanno ricostruito diversi episodi in cui la minore, dall’età di circa dieci anni, sarebbe stata costretta - secondo l’accusa, che non ha retto al vaglio del processo - a subire e a praticare continui atti sessuali con il proprio patrigno, il quale l’avrebbe ricattata e minacciata, qualora la stessa non avesse dato seguito ai suoi desideri sessuali.
Il netturbino ha replicato sostenendo, già durante l’interrogatorio davanti al gip, che si trattava di accuse del tutto false. I due imputati, difesi dagli avvocati Davide Casà, Nicola Grillo e Antonino Manto, sono stati assolti sia in primo grado che in appello. Il difensore della presunta vittima, l’avvocato Monica Malogioglio, si è rivolto alla Cassazione, chiedendo il risarcimento dei danni: i giudici ermellini, che non si sono pronunciati sull'assoluzione, già definitiva visto che non è stata impugnata dalla procura, hanno dichiarato inammissibile il ricorso, confermando in maniera definitiva l’insussistenza delle accuse.
Caricamento commenti
Commenta la notizia