Ventidue anni di reclusione per l’accusa di omicidio volontario commesso per futili motivi: i giudici, tuttavia, hanno escluso le aggravanti della premeditazione e della minorata difesa della vittima e concesso le attenuanti generiche. Questa la sentenza della Corte di assise di Agrigento, presieduta da Alfonso Malato, nei confronti di Carmelo Rubino, l’agricoltore pensionato di 71 anni, reo confesso del delitto del coetaneo Vincenzo Sciascia Cannizzaro, anche lui agricoltore, al quale avrebbe sparato due colpi di pistola al volto al culmine di una serie di litigi dovuti al diritto di passaggio su una strada interpoderale che portava ai loro terreni.
L’omicidio avvenne il 27 settembre del 2019 nel terreno della vittima, in contrada Calici, a Canicattì. Lo stesso anziano, durante l’interrogatorio, aveva ammesso di avere sparato due colpi di pistola al volto di Sciascia Cannizzaro, precisando di essere sotto shock e di non ricordare i dettagli di quanto accaduto. In seguito, ha spiegato - tesi ribadita pure dai difensori, gli avvocati Francesco Gibilaro e Diego Guadagnino - di avere fatto fuoco per difendersi da un’aggressione e, quindi, che lo avrebbe fatto per legittima difesa. Secondo il pm Paola Vetro, invece, l’imputato «andò deliberatamente con la sua auto nell’abitazione di campagna della vittima, mentre erano iniziati i lavori della vendemmia per ucciderla salvo poi allontanarsi». Una tesi che aveva portato alla richiesta di condanna all’ergastolo, che è stata recepita solo in parte dai giudici con l’esclusione della premeditazione.
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