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Mafia e massoneria a Licata, chieste 11 condanne

Un frame delle intercettazioni

Un perverso intreccio affaristico fra mafia, politica e massoneria deviata con epicentro Licata: per il pubblico ministero della Dda di Palermo, Claudio Camilleri, la doppia inchiesta «Assedio-Halycon», che ha portato fra luglio e agosto dell’anno scorso ad altrettante operazioni ravvicinate, eseguite da carabinieri e Ros, ha smantellato la nuova famiglia di Cosa nostra di Licata e non solo. Undici le condanne richieste a conclusione della requisitoria. La pena più alta - 20 anni di reclusione - è stata proposta per Angelo Occhipinti, 66 anni, già condannato per mafia ed estorsione e ritenuto il nuovo capo della famiglia di Licata.

Sedici anni è la richiesta per il suo presunto braccio destro - Raimondo Semprevivo, 48 anni - accusato, oltre che di associazione mafiosa, di un episodio di tentata estorsione in concorso con lo stesso Occhipinti (compagno della propria madre per tanti anni) di cui avrebbe sollecitato l’intervento per sbloccare un contenzioso con un collega imprenditore costringendolo a dargli 5.000 euro dei 10.000 richiesti. Sedici anni di reclusione sono stati proposti pure per Giovanni Mugnos, bracciante agricolo, 54 anni, ritenuto «l'alter ego» di Giovanni Lauria, altro esponente di spicco di Cosa Nostra di Licata, imputato in un altro stralcio.

Dodici anni per Giuseppe Puleri, 41 anni, imprenditore, presunto affiliato della famiglia di Campobello; Giacomo Casa, 65 anni, pastore, presunto affiliato della cosca di Licata; Vito Lauria, 50 anni, tecnico informatico, figlio di Giovanni, ritenuto «a totale disposizione della famiglia mafiosa» e per il cugino Angelo Lauria, 46 anni, farmacista e presunto affiliato; 10 anni e 8 mesi a Giuseppe Galanti, 62 anni, presunto cassiere della cosca di Licata e «fedelissimo» di Occhipinti.

Dieci anni ad Angelo Graci, 33 anni, gregario del clan che avrebbe avuto spesso il compito di presidiare i luoghi dei summit e Lucio Lutri, 61 anni, funzionario della Regione Sicilia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Lutri, in particolare, «grazie alle rete relazionale a sua disposizione quale Maestro venerabile della loggia massonica «Pensiero ed Azione» di Palermo, avrebbe «acquisito e veicolato agli appartenenti alla famiglia mafiosa informazioni riservate circa l’esistenza di attività di indagine a loro carico» e sarebbe intervenuto per favori di altra natura. «E' intervenuto per risolvere una serie di debiti di Mugnos nei confronti dell’Ismea - ha detto il pm -, per condizionare alcuni accertamenti dell’Asp e persino per far prorogare il contratto ad un medico precario. Favori che sempre hanno riguardato esponenti dell’associazione mafiosa alla quale ha dato un grande contributo ai fini del suo rafforzamento».

Tre anni, infine, sono stati proposti per l’elettrauto Marco Massaro, 36 anni, accusato di favoreggiamento aggravato per avere rivelato a Mugnos dell’esistenza di microspie all’interno della sua auto. Tutte le pene richieste sono già ridotte di un terzo per effetto del giudizio abbreviato. Il gup di Palermo, Claudia Rosini, subito dopo la requisitoria, ha rinviato il processo al 16 novembre per le arringhe dei difensori (fra gli altri, gli avvocati Angela Porcello, Giovanni Castronovo, Angelo Balsamo, Giuseppe Di Peri, Giovanni Rizzuti e Vincenzo Alesci) che impegneranno almeno tre udienze.

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