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Omicidio di Licata: il ventenne ucciso a fucilate

Emergono nuovi dettagli dall’autopsia eseguita, nel cimitero di Piano Gatta, dal medico legale Ruffino dell’Università di Catania

LICATA. L’autopsia ha rivelato particolari ancora più agghiaccianti sul delitto di contrada Nicolizia. Secondo le prime risultanze dell’esame, eseguito lunedì sera nell’obitorio del cimitero di Piano Gatta dal medico legale Cataldo Ruffino dell’Università di Catania, i quattro fori individuati nell’addome del giovane rinvenuto cadavere, potrebbero essere stati provocati da un fucile a canne mozze, caricato a lupara. I killer del giovane (solo l’esame del Dna dirà con certezza se il cadavere appartiene ad Angelo Truisi, il licatese scomparso il 2 gennaio scorso) avrebbero sparato da distanza ravvicinata per “finire” la loro vittima. Pochi minuti prima, anche questo emergerebbe dalle prime risultanze della perizia necroscopica, il “branco” avrebbe picchiato a sangue il giovane, colpendolo ripetutamente alla testa con bastoni o spranghe di ferro.

L’esame ha confermato quanto emerso già in occasione della prima ispezione cadaverica eseguita il giorno del ritrovamento del corpo nella villa abbandonata di contrada Nicolizia. I colpi di spranga hanno fracassato il cranio del giovane, ma anche dopo questo orribile trattamento il ventiduenne era ancora vivo. A quel punto i sicari avrebbero imbracciato un fucile da caccia, caricato a lupara, ed a bruciapelo avrebbero esploso quattro colpi all’indirizzo della loro vittima. I colpi, ovviamente, sono stati mortali ed inoltre avrebbero fatto perdere al giovane tutto quel sangue che è stato trovato, mercoledì scorso, accanto al cadavere. Tra l’altro pare che la polizia, che indaga sul delitto coordinata dal pm Salvatore Vella, proprio accanto al cadavere abbia trovato tracce dei colpi di fucile esplosi all’indirizzo del giovane.

 

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