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Mafia, il messaggero dei boss: così Nicosia parlava coi detenuti in carcere

Si infiltrava in carcere grazie al suo rapporto di collaborazione con la parlamentare Pina Occhionero, entrava così a contatto con i mafiosi e recapitava loro i messaggi. Antonello Nicosia, 48 anni, originario di Sciacca, arrestato oggi insieme ad altre 4 persone dai finanzieri del Gico di Palermo e dai carabinieri del Ros nell'ambito di un'operazione antimafia, aveva pensato di ergersi a paladino dei diritti dei detenuti e "sfruttare" il rapporto di lavoro con la Occhionero per passare inosservato.

L'indagato entrava nelle prigioni senza la preventiva autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e ciò sfruttando le prerogative riconosciute dalle norme sull’ordinamento carcerario ai membri del Parlamento e a coloro che li accompagnano. Si era recato nel carcere di Sciacca, Agrigento, Trapani e Tolmezzo (in provincia di Udine). Il tutto all'insaputa della Occhionero che, come dichiara il Colonnello Gianluca Angelini, Comandante del Nucleo P.E.F. di Palermo, "è estranea ai fatti ma sarà ascoltata come testimone".

Dalle intercettazioni è emerso che Nicosia definiva la strage di Capaci in cui morì Giovanni Falcone "un incidente sul lavoro" e per Matteo Messina Denaro usava parole come "primo ministro".

Intercettato per mesi dal Ros e dal Gico della Finanza, parlando al telefono, dava giudizi sprezzanti sul giudice ucciso dalla mafia a Capaci nel 1992: di lui diceva anche che "da quando era andato al ministero della Giustizia più che il magistrato faceva il politico". Un linguaggio volgare quello usato da Antonello Nicosia che, in queste ore, sta indignando gente comune, parenti di vittime di mafia e politici.

"L'operazione ha colpito soggetti di spicco di Sciacca - afferma il colonnello -, a partire da chi dagli anni '90 è stato vicino ai vertici dell'associazione mafiosa". In manette con Nicosia è infatti finito Accursio Dimino, 61 anni, imprenditore ittico ed ex professore di educazione fisica. "È stato condannato per mafia due volte e una volta scarcerato ha continuato a controllare il territorio", ha aggiunto.

"Nicosia, invece, rappresenta l'area più evoluta di cosa nostra - precisa il colonnello Angelini -. Stava creando un progetto ambizioso, tentando di entrare in carcere e veicolare messaggi a condannati mafiosi in maniera tale da dare notizie su e del territorio e continuare a fare esercitare loro il ruolo mafioso. Nicosia è inserito nel circuito mafioso sia come dinamiche che atteggiamenti - sottolinea -, nulla di diverso rispetto a soggetti già condannati per mafia".

Oltre a Nicosia e Dimino in manette anche Massimiliano Mandracchia, Paolo e Luigi Ciaccio. Sono stati perquisiti uffici, negozi e case nella disponibilità degli arrestati. Sequestrati agli indagati disponibilità finanziarie, tra le quali una carta di credito collegata a conti esteri, e patrimoniali, tra cui un’imbarcazione.

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