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Congedo di paternità triplicato fra 2013 e 2022, ma a Trapani e ad Agrigento fruizione sotto il 30%

Il rapporto di Save the Children descrive un forte squilibro di genere tra i genitori nella cura dei figli, Ne usufruiscono di più al Nord e chi ha un reddito più alto

In Italia rimane un forte squilibro di genere tra i genitori nella cura dei figli, ma la percentuale di padri che usufruisce del congedo di paternità si è più che triplicata fra il 2013 e il 2022. Emerge dall’elaborazione di Save The Children, in occasione della Festa del Papà, sulla base degli ultimi dati Inps.

Nel 2013 poco meno di 1 padre su 5 (pari al 19,26%) ne ha usufruito cioè 51.745 padri; nel 2022 sono stati più di 3 su 5 (pari al 64,02%), cioè 172.797, con poche differenze a seconda che si tratti di genitori del primo (65,88%), secondo o successivo figlio (62,08%). Alla sua introduzione, nel 2012 il congedo di paternità prevedeva un solo giorno obbligatorio e due facoltativi, mentre oggi garantisce 10 giorni obbligatori e uno facoltativo ai neopapà ed è fruibile tra i due mesi precedenti e i 5 successivi al parto.

Sebbene l’incremento si registri in tutta Italia, chi ne usufruisce di più vive nelle province del Nord. Valori di fruizione inferiori al 30%, si riscontrano nelle province di Crotone al 24%, Trapani al 27%, Agrigento e Vibo Valentia al 29% , mentre superiori all’80% si registrano nelle province di Bergamo e Lecco (81% in entrambi i casi), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%).
Ad utilizzare maggiormente il congedo sono gli uomini fra i 30 e i 39 anni (65,4%) e fra i 40 e i 49 (65,6%).

È più probabile che il padre usufruisca del congedo di paternità se lavora in aziende medio-grandi. Fra quelle con oltre 100 dipendenti, infatti, l’utilizzo è pari al 77%, fino ad arrivare al 45,2% nelle aziende con 15 dipendenti o meno. È proprio in questa ultima tipologia di azienda che si è registrato l’aumento maggiore nell’utilizzo del congedo di paternità tra il 2021 e il 2022 (più 8,7%). Forti disuguaglianze tra le diverse tipologie contrattuali, a favore di chi ha un contratto di lavoro più stabile. Se infatti, tra i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato la percentuale sfiora il 70% (69,49%), tra quelli con contratto a tempo determinato scende al 35,95% e tra gli stagionali arriva al 19,72%.

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