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Nel registro dei beni immateriali i dolci del Gattopardo: un riconoscimento alle suore benedettine di Palma di Montechiaro

La Regione Siciliana ha accolto la richiesta. Fra i mandorlati venduti con il tradizionale sistema della ruota, ci sono i biscotti ricci, i bocconetti, le cassatine di pasta reale e le ciambelle all’uovo

La Regione Siciliana ha iscritto al Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia i Mandorlati del Monastero delle Benedettine di Palma di Montechiaro, comune della provincia di Agrigento. La Commissione regionale Eredità Immateriali ha accolto la richiesta di iscrizione della centenaria attività, oggetto di studio, considerata la lunga tradizione della manifattura dolciaria attestata da innumerevoli fonti letterarie e storiche, delle suore benedettine del Santissimo Rosario di Palma di Montechiaro. Rientrano in questo elenco i biscotti ricci, i bocconetti, le cassatine di pasta reale, le ciambelle all’uovo e tante altre specialità.

Il Soprintendente di Agrigento Vincenzo Rinaldi in un post su Facebook (corredato da quattro fotografie che qui riproponiamo) esprime soddisfazione per l'iscrizione. «L'antica tradizione dolciaria dei rinomati mandorlati conventuali, delle suore benedettine del Santissimo Rosario di Palma di Montechiaro - si legge nella nota - assume una valenza storico-identitaria del territorio e delle vicende connesse alla sua fondazione e allo sviluppo della città».

La prelibatezza di questi prodotti dolciari artigianali, come i famosi biscotti ricci, i bocconetti, le cassatine di pasta reale, preparate con cedro dei giardini delle terre del gattopardo, le ciambelle all’uovo, il pan di Spagna ricoperto da glassa e zucchero insaporito da aromi e tante altre specialità, costituiscono un tripudio di bontà, di dolcezza e di colori creati dalle sapienti mani delle superstiti monache; mandorlati, questi, citati e magnificati dalle parole del Principe di Salina nel romanzo Il Gattopardo, che ha contribuito alla conoscenza e alla diffusione della città di Palma di Montechiaro nel mondo.

«La preparazione avviene ogni settimana - racconta la madre superiora del monastero, suor Maria Nazarena -, solo in alcune tipologie di dolci si fa riferimento al calendario liturgico (Settimana Santa, ricorrenza dei defunti, festività natalizie) e poiché viviamo di carità li vendiamo a chi viene a trovarci, consegnando i dolci ben confezionati in appositi vassoi su carta oleata rosa o bianca, nastrino celeste o giallo, sigillati con il timbro del Monastero a sottolinearne l’unicità, accompagnati dall’immagine della Madonna del Rosario, protettrice del Monastero e della città di Palma, tramite la “ruota in legno” che ci consente non solo di ricevere le materie prime trasformate in ingredienti, ma anche notizie sul mondo secolare, vista la nostra regola».

Vera prelibatezza dolciaria, le cui ricette tramandatesi oralmente nel ristretto ambito claustrale, i biscotti delle monache rappresentano qualcosa di prezioso, espressione di un cibo prodotto e realizzato dalle sapiente mani delle poche consorelle rimaste che nel silenzio sacrale delle mura continuano a deliziare lo spirito e il gusto di una comunità cresciuta nel culto e nella devozione di queste pie donne.

«In un mercato dettato e regolamentato da leggi di omologazione e globalizzazione - spiega la Soprintendenza -, la tutela e la valorizzazione di un prodotto tipico locale, espressione di conoscenze e abilità sapienti, garantisce nel tempo, la trasmissione di valori e di un antico sapere, elemento di identità culturale della nostra terra».

Considerato il ruolo spirituale e la rilevante importanza sociale rivestita nel corso degli anni dalle poche consorelle rimaste, sia all’interno delle mura monastiche che all’esterno della comunità sociale di Palma di Montechiaro, la sapiente attività di ricercatezza e preparazione dolciaria svolta nel silenzio claustrale ha assunto nel corso dei secoli un ruolo identitario sia del cenacolo religioso benedettino sia dell’immagine della città di Palma. Per mezzo di una ruota girevole in legno inserita nella struttura muraria della parete, vengono deposte le confezioni di dolci richieste, nel silenzio austero dell’atrio monastico attraverso un fugace scambio di suoni rimbombanti tra le mura con la suora preposta, detta Rotara, a raccogliere le ordinazioni, dietro la rassicurante grata in ferro, vero e proprio limes invalicabile tra la vita temporale e quella spirituale, testimone di una ripetitiva e secolare azione che si ripropone di generazione in generazione. La ruota costituisce l’elemento di raccordo tra la vita spirituale della comunità benedettina, scandita da ritmi lavorativi e di preghiera codificati nel corso dei secoli e la vita sociale della comunità di Palma di Montechiaro dettata dai tempi frenetici del XXI secolo.

L'iter amministrativo, supportato da una accurata indagine sul campo e da un approfondito studio delle fonti documentarie, è stato portato avanti dagli etnoantropologi Maria La Matina e Giacomo Lipari coordinati dall’ arch. Giovanni Crisostomo Nucera, Dirigente della Sezione per i Beni Architettonici, Storico-Artistici, Paesaggistici e Demoetnoantropologici.

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