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L'inchiesta sugli appalti per la rete idrica di Agrigento, arrestato un altro indagato

L’indagine dura da circa un anno ed è ancora in corso, nei guai anche l'ex assessore regionale all'Energia Roberto Di Mauro

Nel riquadro Sebastiano Alesci
Nel riquadro Sebastiano Alesci

Applicata oggi la misura cautelare degli arresti domiciliari per Sebastiano Alesci, indagato ad Agrigento nell’indagine della squadra mobile, coordinata dalla procura diretta da Giovanni Di Leo, degli appalti per il rifacimento della rete idrica nella città dei Templi. In precedenza erano state applicate misure cautelari nei confronti di appartenenti alla famiglia di imprenditori Caramazza di Favara, per i reati di corruzione propria ed altro. Per Alesci, 67 anni, ex dirigente dell’Ufficio tecnico comunale di Ravanusa e attuale dirigente dell’ufficio di Vigilanza e controllo del Comune di Licata, la procura aveva già chiesto la custodia in carcere. Tra gli indagati, una dozzina, c’è anche il deputato regionale Roberto Di Mauro, fino a un mese fa assessore all’Energia del governo Schifani.

L’indagine dura da circa un anno ed è ancora in corso. Di Leo interviene (senza nominarlo) dopo la presa di posizione del sindaco di Agrigento, Francesco Miccichè, che aveva auspicato l’avvio dei lavori di rifacimento della rete idrica, il cui appalto dell’importo di 37 milioni, sarebbe stato «truccato» da alcuni indagati compreso Alesci che faceva parte della commissione di gara. La procura, infatti, in una nota, stigmatizza «alcune prese di posizione pubbliche su una indagine ancora in corso» da chi «non è pienamente a conoscenza dei fatti. Indagini della complessità di quella in esame non possono essere contenute nei termini indicati dal legislatore per le intercettazioni, con una recente modifica del Codice di procedura penale che ha lasciato comunque al pm e al giudice di valutare l’emergenza di elementi che impongano nel caso concreto la prosecuzione dell’attività».

«Le intercettazioni - afferma il procuratore capo Di Leo - restano uno strumento indispensabile per l’accertamento di reati a concorso necessario, dove non è pensabile che il corrotto o il corruttore si presenti spontaneamente a denunziare i fatti che lo coinvolgono, o che un terzo possa venirne a conoscenza e riferire alla autorità giudiziaria o di polizia. L’obbligo dell’ufficio requirente o della polizia giudiziaria di reprimere i fenomeni è ulteriormente reso più gravoso dalla intervenuta abolizione di un reato-spia, come l’abuso d’ufficio, che spesso permetteva di avviare indagini più complesse».

Il procuratore: le norme sulla corruzione consentono impunità

Sull’indagine che riguarda gli appalti per la rete idrica ad Agrigento, il procuratore capo Giovanni Di Leo sottolinea che «Il quadro normativo attuale sembra volgere a una richiesta di sostanziale ‘impunità’, che non può essere ovviamente accolta, finché il reato di corruzione resta nel Codice penale, da chi costituzionalmente è chiamato ad esercitare l’azione penale».

«Il quadro che emerge dalle indagini - aggiunge - è tale da fare ritenere gravemente pregiudicato l’interesse della popolazione. Il rifacimento della rete idrica di Agrigento era stato finanziato, per intero, nel 2015 con il patto per la Sicilia. Ad oggi consegnati lavori costituenti un ‘primo stralciò. Sono passati 10 anni e non per l’esistenza di indagini preliminari. Ad oggi ad eseguire lavori formalmente consegnati all’impresa vincitrice nel 2023 sono pochi operai e un escavatore di un’impresa che rappresenta il 12% dell’Ati aggiudicataria. I lavori per il Ccr di Ravanusa rientrano in una progettazione che risale al 2013, presa in esame con il piano regionale sullo smaltimento dei rifiuti in Sicilia, risalente al 2015, rielaborato nel 2019, ed è stato bandito - con urgenza ai sensi del Codice degli appalti - nel 2022, con un termine per la presentazione delle offerte di soli 22 giorni (18 i lavorativi). Altri lavori non ancora banditi, sono già oggetto di mire appropriative da parte dei membri della associazione per delinquere per la quale si continua indagare, anche se il Giudice non ha ancora ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza al riguardo».

«Al centro di tale sistema - conclude Di Leo - vi sono figure politiche, tecniche, amministrative enti e strutture già note. Ogni struttura istituzionale è stata debitamente attivata da questo Ufficio per scongiurare perdite di finanziamenti, blocco di lavori e ulteriori danni per la cittadinanza che vede l’acqua scorrere per le strade e non nelle tubazioni, i rifiuti per le strade e discariche spuntare ovunque. Si auspica che l’attività discreta, e ancora agli inizi, dell’autorità giudiziaria e della Polizia di Stato sia accompagnata dalla collaborazione di chi, imprenditore, politico, amministratore, professionista, sa e ha finora taciuto, almeno in nome di quella ’Culturà di cui Agrigento è quest’anno capitale italiana, in cui dovrebbe rientrare anche il senso civico».

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