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Agrigento, il delitto Di Falco: resta in piedi l'accusa di tentato omicidio

Non si tratterebbe di un omicidio «per errore». Indagati sono Angelo Di Falco, fratello della vittima, Calogero Zarbo e Domenico Avanzato, tutti di Palma

Cade l’accusa di omicidio «per errore», resta in piedi quella di tentato omicidio e detenzione illegale di armi. Il tribunale del riesame di Palermo, pronunciandosi sul ricorso dei difensori, gli avvocati Giovanni Castronovo, Santo Lucia e Antonio Ragusa, ha annullato l’accusa principale a carico dei tre indagati per la sparatoria dello scorso 28 febbraio, in una concessionaria del Villaggio Mosè, frazione di Agrigento.

La vittima è Roberto Di Falco, trentasettenne di Palma, freddato, quel venerdì sera, da un colpo di pistola all’addome. Sotto accusa Angelo Di Falco, 39 anni, fratello della vittima, Calogero Zarbo, 40 anni e Domenico Avanzato, 37 anni, tutti di Palma. La procura ritiene che si sia trattato di una spedizione punitiva finita male. Il commerciante, in particolare, pare avesse un debito con Roberto Di Falco legato alla compravendita di auto che sarebbe stata pagata a Di Falco con un assegno scoperto.

La stessa vittima, peraltro, lavorava nel settore del commercio delle vetture. Il titolare della concessionaria, che sarebbe stato picchiato dai quattro palmesi, mentre si trovava all’interno di un’auto, avrebbe avuto la prontezza di riflessi di spostare la pistola con la mano mentre Roberto Di Falco provava a sparargli ferendolo mortalmente nel tentativo di difendersi. «È una mossa - ha detto alla squadra mobile - che ho imparato quando ho fatto il servizio militare».

Da lì la contestazione dell’omicidio «per errore» da subito contestata dalla difesa e adesso sconfessata dal tribunale del riesame. I giudici, tuttavia, hanno confermato la custodia cautelare in carcere per tutti per l’accusa di tentato omicidio ai danni del figlio del titolare della concessionaria, al quale Angelo Di Falco avrebbe provato a sparare dopo che il fratello era caduto per terra in seguito al colpo ricevuto, e per quella di detenzione illegale di arma. La vittima designata, in questo caso, si sarebbe salvata per l’inceppamento dell’arma. La difesa ha sempre sostenuto che i quattro palmesi siano andati nella concessionaria per picchiare il titolare - le immagini della video sorveglianza lo mostrano con chiarezza - e che lo stesso abbia tirato fuori la pistola (non ritrovata) e abbia fatto fuoco, uccidendo Roberto Di Falco.

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