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Mafia e politica a Sciacca: condanne definitive per Nicosia e il boss Dimino

L'ex assistente parlamentare, utilizzando il suo ruolo, incontrava boss detenuti, dava loro consigli, si accertava che non si pentissero e riferiva all’esterno i loro messaggi

Antonello Nicosia

Condanne definitive per i due principali imputati dell’inchiesta antimafia «Passepartout», che ha fatto luce sulla cosca mafiosa di Sciacca e sui rapporti con la politica e le famiglie mafiose americane. In Cassazione, accogliendo parte delle richieste dei difensori, gli avvocati Salvatore Pennica e Rosanna Vella, vi sono state pure delle riduzioni di pena. Accursio Dimino, ritenuto il nuovo capo della famiglia di Sciacca, è stato condannato a 17 anni di reclusione (18 anni e 8 mesi in appello); l’ex assistente parlamentare Antonello Nicosia, di Agrigento, è stato condannato a 13 anni.

Entrambi sono stati riconosciuti colpevoli di associazione mafiosa. La figura principale dell’inchiesta è Antonello Nicosia. Pedagogista, esponente dei Radicali Italiani, noto per le sue battaglie in favore dei diritti dei detenuti, Nicosia era considerato un insospettabile anche se aveva scontato una condanna a 10 anni per traffico di droga. Le indagini lo descrissero invece come «pienamente inserito in Cosa nostra». Parlava come un uomo d’onore, avrebbe progettato insieme a Dimino, danneggiamenti, estorsioni e omicidi. E, utilizzando il ruolo di collaboratore parlamentare di Giusy Occhionero, ex deputata di Leu, poi passata a Italia Viva, secondo l’accusa, incontrava boss detenuti, dava loro consigli, si accertava che non si pentissero e riferiva all’esterno i loro messaggi. Grazie al rapporto con la Occhionero, ad esempio, Nicosia ha incontrato boss detenuti al 41 bis come Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro.

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