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«Non fu estorsione», la Cassazione annulla la condanna di un avvocato di Agrigento

L'avvocato Francesca Picone e la sorella Concetta, consulente di un patronato, erano state condannate in primo grado, cinque anni fa, per sottrazione di denaro ai danni dei familiari di alcuni clienti disabili dello studio legale

Non fu né estorsione, né tentata estorsione: i giudici della Cassazione mettono un punto fermo nel processo a carico dell’avvocato Francesca Picone e della sorella Concetta, consulente di un patronato, condannate in primo grado, cinque anni fa, per queste accuse ai danni dei familiari di alcuni clienti disabili dello studio legale.

Annullata anche, con rinvio, la sentenza della Corte di appello di Palermo che aveva riqualificato l’accusa in quella, meno grave, di «esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia». Questo reato, tuttavia, era prescritto pure prima della sentenza di secondo grado. Di conseguenza il processo di appello bis si celebrerà solo per gli effetti civili: qualora le due imputate dovessero essere riconosciute colpevoli, al massimo potranno pagare un risarcimento.

Il gup di Agrigento, Alfonso Malato, aveva inflitto 4 anni all’avvocatessa e un anno e 8 mesi alla sorella: sentenza che, il primo aprile dell’anno scorso, è stata riformata dalla Corte di appello di Palermo.

Secondo l’accusa iniziale, che non ha retto al vaglio dei processi, la principale imputata, che in una circostanza avrebbe avuto il supporto della sorella, avrebbe costretto alcuni clienti che assisteva in alcuni procedimenti previdenziali per ottenere l’indennità di accompagnamento per figli o familiari disabili, a pagare una parcella ulteriore a quella stabilita dal tribunale prospettando, in caso contrario, che sarebbero andati incontro a problemi economici peggiori e che avrebbero perso la stessa indennità.

Verdetto modificato in appello: la Corte aveva ritenuto che le richieste economiche non fossero indebite ma che le maniere con cui sarebbero state sollecitate sarebbero state illegali. La Cassazione, accogliendo in parte il ricorso della difesa delle imputate, ha ordinato un nuovo processo per l’accusa di «esercizio arbitrario delle proprie ragioni».

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