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Lampedusa, Ong e intralcio ai soccorsi: la procura di Agrigento studierà gli atti

La replica di Sos Mediterranée: le nostre segnalazioni prima erano lodate, ora sovraccaricano

Nave Banksy in stato di fermo a Lampedusa

Anche la Procura di Agrigento potrebbe interessarsi al caso della nave Louise Michel, dell’omonima Ong. La Guardia costiera che ha sottoposto a fermo amministrativo l’imbarcazione ha parlato di «intralcio ai soccorsi» con «continue chiamate dei mezzi aerei ong» che «hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del Centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni dei già presenti assetti aerei dello Stato».

La Procura di Agrigento studierà gli incartamenti che verranno trasmessi dalla Guardia costiera di Lampedusa per stabilire se siano o meno configurabili anche fattispecie di reato.

La nave della ong Louise Michel ha avuto un comportamento che complicava il delicato lavoro di coordinamento dei soccorsi. È quanto ha scritto la Guardia Costiera in una nota.
La nave della ong era giunta ieri nel porto dell’isola con a bordo 178 migranti, soccorsi su quattro diverse imbarcazioni (il primo evento avvenuto in aera Sar libica, i successivi tre in area Sar maltese).

Secondo quanto si legge ancora nella nota, le disposizioni impartite alla Louise Michel di dirigersi verso Trapani ed evitare altri soccorsi, valutate le sue piccole dimensioni, erano anche tese a evitare che la nave prendesse a bordo un numero di persone tale da pregiudicare sia la sua sicurezza che quella delle imbarcazioni di migranti a cui avrebbe prestato soccorso.
La non osservanza delle disposizioni - prosegue la Guardia Costiera - ha inoltre rallentato il raggiungimento di un porto di sbarco per i migranti salvati nel primo intervento, inizialmente individuato in quello di Trapani dal ministero dell’Interno, inducendo così a ridisegnare la decisione in modo da far convergere l’arrivo della ong, per motivi di sicurezza e di urgenza, nel porto di Lampedusa, già peraltro sollecitato dai numerosi arrivi di migranti di questi ultimi giorni.

Le autorità: le continue chiamate delle Ong intralciano i  soccorsi in mare

«Le continue chiamate dei mezzi aerei ong hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del Centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni dei già presenti assetti aerei dello Stato». Contunua così la nota della Guardia Costiera.

«Allo stesso modo, l’episodio citato dalla ong Ocean Viking e riferito ai presunti spari della guardia costiera libica nella loro area Sar, non veniva riportato al Paese di bandiera, come previsto dalle norme, bensì al Centro di coordinamento italiano, finendo anche questo col sovraccaricare il Centro in momenti particolarmente intensi di soccorsi in atto. Ciononostante - conclude la nota - in 48 ore sono state soccorse, sotto il coordinamento della Guardia Costiera Italiana, oltre 3.300 persone a bordo di 58 imbarcazioni».

 

La Ong: posizione politica, prima eravamo gli angeli del mare, ora siamo i pirati

«La posizione della Guardia costiera riguardo ai comportamenti delle ong mi sembra più motivata politicamente che tecnicamente. Prima eravamo gli angeli del mare, ora siamo i pirati o i collusi con i trafficanti di esseri umani. È molto curioso dire ora che si sovraccaricano le linee telefoniche del Centro nazionale di coordinamento dei soccorsi quando invece nel 2015 queste stesse chiamate venivano apertamente lodate. Sembra assurdo dire che siamo noi ad intralciare i soccorsi quando invece salviamo vite umane».

È quanto sostiene Sos Mediterranée in risposta alla Guardia costiera italiana, secondo cui ieri le continue chiamate dai mezzi delle ong hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione.
«È strano inoltre che si legittimi il comportamento sconcertante della guardia costiera libica, che ha sparato in aria a 50 metri da un vascello della comunità economica europea in acque internazionali. Ovviamente noi chiamiamo il nostro Paese di bandiera, che è informato su tutto quello che facciamo, ma questo non ha niente a che vedere con la competenza giuridica nella zona», hanno detto ancora gli attivisti in merito a quanto detto dalla Guardia costiera italiana secondo cui l’episodio degli spari non era stato riportato dalla ong al Paese di bandiera ma al Centro di coordinamento italiano, finendo col sovraccaricare le linee nei momenti dei soccorsi.

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