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Racket del caro estinto ad Agrigento, confermate 4 condanne in appello

I giudici della Corte di appello di Palermo hanno confermato la sentenza di condanna, emessa in primo grado dal tribunale di Agrigento il 22 novembre del 2018, del processo scaturito dall’inchiesta "Vultur" che ipotizza la riorganizzazione delle famiglie mafiose di Canicattì e Camastra attraverso due boss esperti che erano tornati operativi dopo le precedenti condanne.

Diciassette anni e 6 mesi di reclusione sono stati inflitti a Rosario Meli, 72 anni, ritenuto il capo della famiglia di Camastra e personaggio principale dell’inchiesta; 14 anni e 6 mesi al figlio Vincenzo, 50 anni, accusato di avere gestito gli affari della famiglia di Cosa Nostra in paese e 13 anni e 6 mesi al tabaccaio di Camastra Calogero Piombo, 69 anni, ritenuto il "cassiere" della cosca: all’interno del suo negozio, secondo quanto ha accertato il processo, si sarebbero tenuti summit di Cosa Nostra e sarebbero stati spartiti i proventi delle estorsioni. Ventidue anni, in continuazione con altre due condanne precedenti, sono stati inflitti, infine, a Calogero Di Caro, 74 anni, anche lui, come Rosario Meli, già condannato in passato per mafia e ritenuto il nuovo capomafia di Canicattì.

Il processo ha accertato anche un giro di estorsioni che Rosario Meli e Piombo avrebbero cercato di imporre a due imprenditori del settore delle onoranze funebri. Ai soci - costituitisi parte civile con l’assistenza degli avvocati Giuseppe Scozzari e Teresa Alba Raguccia - sarebbero stati chiesti 600 euro per ogni funerale che effettuavano con la loro agenzia. Meli, sulla questione, ha sempre sostenuto di essersi limitato a fare alcune richieste legittime legate al precedente rapporto di socio con uno dei due imprenditori che lo ha denunciato.

In seguito all’inchiesta il Comune di Camastra è stato pure sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata. Il processo, comunque, già in primo grado, ha escluso che le amministrative del 2013, in cui fu eletto sindaco Angelo Cascià (candidatosi pure alle elezioni dello scorso 5 ottobre dove è stato sconfitto da Dario Gaglio), furono condizionate dalle manovre della famiglia Meli. I difensori - gli avvocati Angela Porcello, Santo Lucia, Raffaele Bonsignore, Giuseppe Barba, Antonino Reina, Vincenzo Domenico D’Ascola e Lillo Fiorello - hanno impugnato il verdetto di condanna che la Corte di appello, al termine di un’istruttoria complessa, ha confermato.

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