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Siculiana, estorsione mafiosa. Chiesta condanna a 12 anni per l'imprenditore Gagliano

Antonino Gagliano

"La volontà del costruttore Carmelo Colletto è stata coartata, non c'è stata alcuna possibilità di scelta. Si è trovato con le spalle al muro, in un contesto in cui la mentalità mafiosa è la regola".

Dalle premesse alle conclusioni: il pubblico ministero Federica La Chioma, della Dda di Palermo, ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione per l'imprenditore Antonino Gagliano, 51 anni, di Siculiana, accusato di estorsione con metodo mafioso ai danni del collega al quale, sostiene l'accusa, avrebbe imposto il racket. L'estorsione, in entrambi i casi, sarebbe stata messa a segno con lo stratagemma della fattura gonfiata che sarebbe servita a dare una giustificazione formale al pagamento.

La prima ipotesi di estorsione, aggravata dal metodo mafioso, contestata a Gagliano, riguarda la realizzazione di alcuni alloggi a Porto Empedocle. Gagliano aveva raggiunto un accordo con Colletto al quale avrebbe fornito il calcestruzzo prodotto dalla sua impresa per delle opere di sbancamento.

La seconda, nel maggio del 2012, nell'ambito di alcuni lavori di realizzazione di alcuni fabbricati a Siculiana. Colletto, che in precedenza avrebbe ricevuto anche minacce ben più esplicite dallo stesso Gagliano, sarebbe stato costretto, in entrambi i casi, con la prospettiva neppure troppo velata di subire il danneggiamento dei mezzi, ad accettare la "cresta", attraverso fatture gonfiate, relative alla fornitura del calcestruzzo.

"I danneggiamenti subiti - ha aggiunto il pm - rappresentano la conferma del condizionamento ambientale che è stato costretto a subire".

"Ma che ti lamenti a fare? A Porto Empedocle vogliono 1.000 euro a casa. Paga e stai tranquillo". Così Gagliano avrebbe cercato di convincere Colletto a pagare nel più recente episodio contestato.

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