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"La parentela non implica che l'azienda sia mafiosa", il Cga dà ragione ad un imprenditore di Canicattì

"I rapporti parentali da soli non implicano la permeabilità dell'impresa da parte della criminalità organizzata". È il pronunciamento dei giudici del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione, smentendo la Prefettura di Agrigento, in favore di un imprenditore agricolo di Canicattì di 52 anni arrestato assieme al fratello ed assolto con sentenza definitiva dall'accusa di essere un "postino" del boss Provenzano.

L'imprenditore, così come riporta Enzo Gallo in un articolo del Giornale di Sicilia online, aveva ottenuto un finanziamento di 349.490,00 euro per un miglioramento fondiario da realizzare nell'azienda agricola condotta in forma individuale a Butera, in provincia di Caltanissetta. Il contributo concesso nel 2011 era stato chiesto indietro dall'assessorato regionale all'Agricoltura, dopo il ricevimento di una "interdittiva antimafia" emessa nei confronti dell'imprenditore agricolo di Canicattì tre anni dopo l'avvenuta erogazione dei fondi per una serie di miglioramenti fondiari che erano già avvenuti.

L'imprenditore si rivolse subito allo studio legale Girolamo Rubino e poi al Tar. Una lunga storia tra le aule dei tribunali e adesso, con la pronuncia del Cga, viene annullato sia il provvedimento interdittivo sia quello di revoca del contributo già erogato.

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