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Agrigento, arrivano le reliquie di Giovanni Paolo II a 30 anni dall'anatema contro i mafiosi

Con la consegna delle reliquie di Papa Giovanni Paolo II alla cattedrale di San Gerlando di Agrigento sono entrate nel vivo le cerimonie organizzate in ricordo dello storico anatema del pontefice polacco contro la mafia di 30 anni fa. Nella Valle dei Templi, il 9 maggio del 1993, il Papa pronunciò parole durissime contro i boss invitandoli alla conversione.

Le reliquie sono state consegnate da Omar Gianpaolo Mohamed Ahmed e Danilo Tkanko, autorizzati dall’Arcidiocesi quali corrieri diplomati. «Convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio», disse davanti alla chiesa locale e a migliaia di cittadini. Una invettiva storica che ha segnato uno spartiacque nell’atteggiamento della Chiesa contro la criminalità organizzata. Nel pomeriggio ad Agrigento è previsto un convegno per ricordare la giornata al quale parteciperanno, tra gli altri, il presidente del tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone e il presidente della Cei, monsignor Antonino Raspanti.

È una piccola teca dorata con dentro un sangue prezioso, di un Santo, quella arrivata ieri mattina nel Palazzo Arcivescovile di Agrigento, la reliquia di primo grado, «ex sanguine», di Papa Giovanni Paolo II. Un momento di grande emozione quello di ieri. I corrieri diplomatici autorizzati ad effettuare il trasporto da Cracovia ad Agrigento, Danylo Tkanko e Omar Giampaolo Mohamed Ahmed, hanno consegnato il frammento sacro all’Arcivescovo, monsignor Alessandro Damiano. La donazione è avvenuta a coronamento del trentesimo anniversario della visita del Pontefice passata alla storia per il grido contro la mafia partito dalla Valle dei Templi e l’invito alla conversione rivolto ai boss.

«Da azioni di morte – ha commentato monsignor Damiano - possono fiorire azioni di vita. Da cristiani non possiamo leggere l’anatema del Papa come minaccia, ma come un messaggio speranzoso ed un appello alla conversione per tutti. Il dono di questa reliquia rende presente Giovanni Paolo II in questa nostra terra, in questa nostra Diocesi. Così abbiamo il sangue di San Giovanni Paolo II, e anche il sangue di cui è intrisa la camicia del Beato Angelo Livatino. E dal sangue viene la vita. Due testimonianze che devono spingerci ad essere custodi della vita in tutte le sue forme e in tutte le sue manifestazioni».

La reliquia è stata donata all’Arcidiocesi di Agrigento dal cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia, noto per i suoi quarant’anni come segretario particolare di papa Wojtyla. La preziosa teca sarà incastonata in una icona in cui è raffigurato il volto del Papa Santo con lo sfondo delle colonne doriche, simbolo della Città, donata dalla Fondazione Valle dei Templi, con il suo patron Enzo Bellavia e consegnata ieri dal sindaco Francesco Miccichè. «La nostra Agrigento –ha detto il sindaco – è stata definita dal Papa anche città della Concordia e della pace. E oggi con la nomina di Capitale della Cultura quelle parole sembrano profetiche».

«Che queste reliquie – ha aggiunto Omar Giampaolo Mohamed Ahmed cavaliere dell’Ordine dei Santi Contardo e Giuliano - possano rappresentare un momento di rinascita». Autore dell’immagine religiosa è l’artista ucraino, Roman Vasylyk, che ha conosciuto personalmente Papa Wojtyla. «Questo – ha spiegato Enzo Bellavia – è solo il primo segno di una proficua collaborazione che porteremo avanti con l’associazione di artisti Ucraini. Siamo felici di avere contribuito alla realizzazione di questa iniziativa». La reliquia sarà custodita nel Palazzo Arcivescovile. Alla cerimonia di consegna è seguita la celebrazione della Messa trasmessa su Rai1. A presiederla è stata monsignor Damiano che durante l’omelia ha ricordato i due grandi testimoni del nostro tempo. «San Giovanni Paolo II, esattamente trent’anni fa, il 9 maggio 1993 –ha detto - affermò, qui nella nostra Agrigento: Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio». Ed era ancora un 9 maggio, ma del 2021, quando veniva beatificato, qui nella cattedrale, dal nostro amato Papa Francesco, il magistrato martire, Angelo Rosario Livatino; il quale cercò il dialogo, la pace e l’unità fino all’ultimo istante. Il mio pensiero – ha aggiunto l’Arcivescovo - oggi va anche ai bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e della indifferenza contro la pedofilia». Sciacca

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