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Agrigento, le esercitazioni militari a Punta Bianca sospese per tutelare l'ambiente

Sono state sospese le esercitazioni militari nell’area naturale di Punta Bianca, nell’Agrigentino, dopo che i carabinieri avevano accertato l’inquinamento dell’area determinato da metalli pesanti. Ne ha dato notizia ieri l’eurodeputato Ignazio Corrao del gruppo Greens.

«L'inchiesta dei carabinieri della tutela ambientale di Agrigento - ha spiegato Corrao - ha dimostrato la presenza di metalli pesanti sul terreno, attraverso carotaggi mirati in diversi periodi dell’anno. La presenza di un forte inquinamento protratto nel tempo, per circa 60-70 anni, seppure entro i limiti previsti per le aree industriali». Di conseguenza, è arrivata «la sospensione immediata delle esercitazioni da parte del Comando militare Sicilia».

«Proprio un mese fa avevo portato il caso all’attenzione della Commissione Ue», aggiunge Corrao, che chiede al ministero della Difesa di farsi carico delle spese di operazioni di bonifica «lunghe e costose» e di «non scaricare sui cittadini siciliani il costo di uno scandalo durato sin troppo».

L'associazione Mareamico, che da tempo conduce una battaglia contro le forze armate per le esercitazioni nella zona, dice che «Corrao ha fatto bene a chiedere al Ministero della Difesa di farsi carico delle spese di bonifica e ripristino dei luoghi». Mareamico si batte per l’istituzione della riserva di Punta Bianca, e contestualmente, per interrompere le esercitazioni militari nella vicina zona di Drasy. «L’esercito italiano - dice in una nota l'associazione - da 63 anni continua a violare questo territorio che ha sotto l’aspetto paesaggistico, storico, ambientale, una valenza incommensurabile. La sua presenza è inconciliabile con l’istituzione di una riserva naturale. Le esercitazioni militari compromettono l’ambiente: immettono in atmosfera sostanze pericolose come ad esempio i residui di polveri da sparo, rilasciano una grande quantità di piombo, sostanza velenosissima che, come tutti i metalli pesanti, è altamente tossica per la flora e la fauna locale e per l’ecosistema marino. In particolare, la sua permanenza in acqua ad elevata salinità, lo degrada dissolvendolo nell’ambiente marino. Il piombo entra quindi nella catena alimentare, distribuendosi nei tessuti degli organismi della fauna ittica con destinazione terminale l’uomo. Questo causa una serie di danni ad organi e tessuti, spesso irreversibili».

Una lunga lista di accuse che guarda anche ad altri aspetti: «I terrificanti boati - prosegue Mareamico - atterriscono, oltre che le persone, anche gli animali selvatici presenti in queste aree. Anche le forti vibrazioni, provocate dalle esplosioni, hanno già causato numerosissime frane, con un considerevole arretramento della fragile falesia. Giova ricordare che già nel 2017 la Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, dopo un sopralluogo presso il poligono di Drasy, aveva suggerito la bonifica del luogo».

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