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«Voleva sempre soldi, mi picchiava e mi minacciava»: confessa il poliziotto che ha ucciso il figlio

Voleva soldi, in continuazione, per comprare prodotti d’ultima generazione di elettronica. Il padre gli dava circa 600 euro al mese, ma quel denaro non bastava mai. E così, quando si incontravano, iniziavano le minacce, gli spintoni e le botte da parte del figlio. L’ultima richiesta era di 30 euro, ma quando stamani si sono visti il figlio ne pretendeva 50 e di fronte al rifiuto del genitore ha cominciato a inveire e gli ha sfilato il portafogli. «Bastardo, mi devi dare altri 15 euro...». Gaetano Rampello, 57 anni, assistente capo in servizio al decimo reparto Mobile di Catania, a quel punto ha estratto la pistola d’ordinanza - e in piena piazza Progresso, a Raffadali - ha scaricato l’intero caricatore addosso al figlio ventiquattrenne, Vincenzo Gabriele. Il poliziotto ha svelato il movente del delitto: il giovane aveva un disagio psicologico e, per tre anni, secondo il racconto fatto dal padre, era stato ricoverato in una struttura.

«Gli davo 600 euro al mese - ha detto Gaetano Rampello - ma non gli bastavano mai, mi picchiava e minacciava sempre per i soldi». Questa mattina l’ennesima lite, per strada, dove padre e figlio si erano incontrati in seguito all’ultima richiesta di denaro. «Mi ha telefonato chiedendomi 30 euro - avrebbe detto durante l’interrogatorio - quando glieli ho dati ha iniziato a insultarmi e minacciarmi dicendomi che ne voleva 50. Mi ha aggredito e sfilato il portafogli prendendo altri 15 euro, di più non avevo in tasca. A quel punto ho avuto un corto circuito - ha ricostruito il poliziotto - e gli ho sparato non so quanti colpi». Il giovane in passato era stato più volte denunciato per delle aggressioni ai danni del padre.

L’omicidio è avvenuto sotto l’impianto di videosorveglianza installato dal Comune e le telecamere hanno ripreso tutto in diretta. L’assassino si è poi allontanato, andandosi a sedere su una panchina, in attesa dell’autobus di linea. Sul posto si sono precipitati i carabinieri di Raffadali e tutte le pattuglie dell’Arma del Comando provinciale. I carabinieri - coordinati dal maggiore Marco La Rovere e dal capitano del Nor Alberto Giordano - sono riusciti a rintracciare subito l’assassino, peraltro reo-confesso. Sul luogo del delitto anche il comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Vittorio Stingo, il sostituto procuratore Chiara Bisso e il medico legale Alberto Alongi. Rampello, assistito dal suo difensore, l’avvocato Daniela Posante, è stato sottoposto all’esame dello Stub e poi ha reso una piena confessione ai carabinieri.

 

 

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