Si è dimesso dalla carica di presidente del Consiglio comunale di Ribera Vincenzo Costa (nella foto), medico veterinario dell’Asp di Agrigento, il cui nome è finito nell’indagine della Dda di Palermo su mafia e infiltrazioni negli appalti pubblici nel territorio di Sciacca. Dopo il sindaco Matteo Ruvolo, ieri anche dodici suoi colleghi consiglieri comunali avevano invitato Costa a lasciare la sua carica. «Sento - dice Costa - che è già stato anticipato un sostanziale giudizio di colpevolezza nei miei confronti, eppure io non ho ancora ricevuto nemmeno un avviso di garanzia».
A coloro che ne hanno chiesto le dimissioni, Costa replica: «Si sono esposti pubblicamente solo contro di me, mentre sono rimasti silenziosi sul dilagante consumo di stupefacenti nella nostra città, sui proiettili abbandonati da ignoti (e su cui è in corso un’indagine) nei pressi degli uffici giudiziari di Sciacca, sulle intimidazioni agli amministratori dei comuni vicini, e così via».
Costa rimane in carica come consigliere comunale. Ruolo che eserciterà da indipendente, avendo deciso nei giorni scorsi di autosospendersi da Forza Italia, decisione per la quale la coordinatrice provinciale del partito Margherita La Rocca Ruvolo ha manifestato il suo apprezzamento.
Costa è finito nell'inchiesta perché intercettato durante colloqui con uno degli arrestati per mafia. Le intercettazioni, effettuate dalla guardia di finanza, hanno rivelato che Costa, medico veterinario dell’Asp di Agrigento, interloquiva con il presunto capomafia di Sciacca Domenico Friscia per chiedergli di intervenire, per indurli ad un comportamento più rispettoso, nei confronti di due accalappiacani dipendenti del Comune. Inoltre, secondo gli inquirenti, Costa si sarebbe impegnato a trovare un lavoro alla figlia di Friscia e a permettere ad un soggetto segnalato da Friscia di lavorare come vigilante di alcuni immobili di sua proprietà.
«La nota vicenda - hanno scritto ieri i dodici consiglieri Maria Grazia Angileri, Giuseppe Ciancimino, Calogero Cibella, Giovanni Di Caro, Elisa Ganduscio, Nicola Inglese, Aurora Liberto, Rosalia Miceli, Enza Mulè Maria Quartararo, Giovanni Tortorici e Guseppe Tortorici - che vede coinvolto il presidente del Consiglio comunale di Ribera pone per i consiglieri comunali un problema prevalentemente di carattere politico amministrativo, attinente alla consapevolezza e alla funzione del ruolo istituzionale. Le iniziali, frammentarie notizie di stampa sulla vicenda facevano ipotizzare le sue immediate dimissioni per il rispetto dovuto all’importante ruolo ricoperto, rappresentativo della volontà e degli interessi della nostra cittadina. A prescindere dagli eventuali profili di responsabilità penale, che possono non sussistere ed il cui accertamento non rientra in ogni caso nelle prerogative del consiglio comunale». I dodici hanno aggiunto che «suscita perplessità il ritardo dall’assumere una chiara decisione, finalizzata a restituire decoro e legittimazione all’organo consiliare e ai suoi componenti». Non hanno sottoscritto il documento Federica Mulè, Alfredo Mulè e Pietro Siracusa.
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