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«Polizia penitenziaria “cosca di parte”»: il giudice di Agrigento chiede scusa

L'aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere, sede del processo per le violenze ai detenuti

Un’«infelice e inopportuna espressione» riferita «non ad un giudizio generalizzato - che sarebbe inammissibile oltre che ingiusto- nei confronti di servitori dello Stato, ma a fatti specifici, svoltisi in Santa Maria Capua Vetere». Lo scrive, in una lettera indirizzata al ministro della Giustizia Carlo Nordio, il magistrato di Agrigento Walter Carlisi, finito al centro della polemica per aver usato l'espressione «cosca di parte» nei confronti di agenti della polizia penitenziaria nel corso di un intervento a un convegno a Canicattì, esprimendo il suo «profondo rammarico» se le sue parole al di là delle intenzioni hanno «offeso legittimi sentimenti».

Le sue parole avevano scatenato una polemica molto aspra. Polemici i sindacati, ma anche il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari e il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziario Carlo Renoldi avevano fortemente stigmatizzato la frase del giudice agrigentino.

Nonostante le scuse, gli attacchi al giudice continuano anche oggi. Raffaele Speranzon, vicecapogruppo vicario di Fratelli d’Italia in Senato, ricorda che «Walter Carlisi, magistrato di sorveglianza di Agrigento, durante un dibattito pubblico si è detto convinto che in determinate occasioni il Corpo di polizia penitenziaria può essere definito “una cosca di camorristi vestiti di blu”. E ha parlato poi di identificazioni delinquenziali e criminali». Poi attacca: «È intollerabile che tali dichiarazioni siano state fatte in un dibattito pubblico. Non si dovrebbero tollerare a prescindere, ma tanto meno se escono dalla bocca di un magistrato di sorveglianza, un uomo di stato con un ruolo di garanzia così importante. È inaccettabile. Mi auguro ci sia un intervento da parte dell’organismo di controllo della magistratura che possa valutare le sanzioni più opportune. A tutto il Corpo di polizia penitenziaria, le cui donne e i cui uomini affrontano un lavoro duro e difficile, spesso in condizioni particolarmente critiche, va tutta la mia stima e la mia solidarietà. Loro, come tutte le nostre forze dell’ordine, sono un pilastro fondamentale della nostra nazione e meritano il rispetto di tutti, in particolare da coloro che dovrebbero essere “servitori dello Stato”».

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