«Casa Livatino non è in vendita, non si può calpestare la volontà del papà del giudice assassinato dalla mafia». Lo ha fatto sapere la proprietaria dell’immobile di Canicattì, Giuseppina Profita, tramite l’associazione Casa Giudice Livatino, presieduta da Claudia Vecchio. L’associazione «è indignata - prosegue - nell’apprendere dai social che la Regione acquisterà o acquisirà la casa del beato e non consentirà di trasformarla in un freddo museo ipertecnologico. Come gestori e custodi siamo onorati che la Regione abbia posato lo sguardo su casa Livatino, volendola inserire nella rete delle case museo, ma ci aspettiamo che contribuisca alla nostra opera. Casa Livatino è già luogo di preghiera, di meditazione, di cultura aperto e ha necessità di essere tutelata. Siamo disponibili a dialogare con la Regione che invitiamo a venirci a trovare per conoscere la nostra realtà, ma ci opporremo al trasferimento di proprietà affinché sia rispettata la volontà di chi è stato privato del suo unico figlio».
L’assessore Regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, Alberto Samonà, mette nero su bianco: «La Regione non ha acquistato Casa Livatino, ma ha avviato le procedure per acquisirla al patrimonio regionale. Procedure che prevedono diverse fasi: è chiaro che in prima battuta cercheremo una intesa con i proprietari per verificare la possibilità, che auspico, di compiere un percorso insieme. Non mi meraviglia questa reazione, perché ricordo che gli stessi, quando la Regione Siciliana ha dichiarato la Casa di interesse storico-culturale, hanno fatto ricorso al Tar e poi al Cga, cercando di impedirlo. I ricorsi sono stati respinti e dal febbraio del 2021, dopo il pronunciamento del Cga, ne è stato riconosciuto in modo definitivo l’interesse storico-culturale. E questo è un bene, perché un luogo così importante, come la casa in cui Livatino visse fino a quando venne assassinato dalla mafia, appartiene a tutti i siciliani».
Sulla vicenda interviene anche l’associazione «Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino Onlus», che «nelle sue diverse componenti - come si legge in una nota - esprime il proprio compiacimento e la propria gratitudine alla giunta regionale, al presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, all’assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, Alberto Samonà, e a quanti con ruoli diversi si sono adoperati per l’acquisizione al patrimonio indisponibile pubblico della “Casa della Famiglia Livatino” per aumentarne la tutela e la fruibilità rendendola generalizzata».
L’associazione dice di condividere le argomentazioni della delibera della giunta regionale siciliana «che sono sempre state alla base delle nostre iniziative come la petizione consegnata nel 2015 al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Caltanissetta. La stessa petizione è stata fatta avere al governatore Musumeci e all’assessore Samonà che con il loro collaboratori hanno preso a cuore la proposta e in circa un anno non si sono certo risparmiati per concretizzare la nostra idea di acquisire in proprio o tramite le Istituzioni la “Casa della Famiglia Livatino” stante l’assenza di risposte da parte della proprietaria a cui già prima del 2015 era stata proposta la vendita a nostro favore pur senza spossessarsene».
L'associazione interviene anche sul testamento del papà del giudice. «A noi - sottolinea - non risulta che il dottor Vincenzo Livatino nel lascito testamentario alla “sua fedele colf” abbia scritto della futura destinazione della casa di famiglia né risulta altrove questo pio desiderio come sostenuto dalla beneficiaria. Al contrario sappiamo che per la “Cappella di Famiglia” l’ha sempre pensata come il luogo fisico dove riunire assieme all’oggi Beato Rosario anche gli stessi genitori ed i nonni. Così sarà».
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