
Anche per il quarto anno consecutivo sono rimasti alla pianta le olive di un secolare e storico uliveto, confiscato grazie alla «legge Rognoni La Torre» ed affidato in via provvisoria al comune di Canicattì. L'uliveto nello stesso intervallo di tempo ha rischiato di andare distrutto e arrecare danni alle coltivazioni agricole ed ai caseggiati limitrofi.
Quest'anno un'aratura è stata effettuata ormai in piena estate grazie alle diverse segnalazioni giunte dai cittadini e dai media al sindaco Ettore Di Ventura. Nonostante la campagna olearia di quest'anno sia partita con largo anticipo e basse o quasi inesistenti produzioni ed una conseguente impennata del prezzo dell'olio i pochi frutti ancora sono attaccati alle piante che restano in visibile stato di trascuratezza ed abbandono.
Nonostante ci siano cooperative disposte ad acquisirne il possesso e quindi provvedere allo svolgimento delle normali pratiche agronomiche. Un brutto segnale sul fronte dell'utilizzo dei beni confiscati. A Canicattì sono numerosi i beni confiscati alle famiglie mafiose della zona ed in gran parte assegnati dalla passata giunta Corbo. Tutti o quasi. Tranne questo uliveto di contrada Cucca Vecchia confiscato al boss Calogero Di Caro.
L'esecutivo Di Ventura proprio per valorizzare e mettere a «profitto» i beni conquistati ha pure creato un nuovo ufficio con competenza specifica sul «Patrimonio e beni confiscati» affidato al funzionario Pietro Saia che conta un buon numero di collaboratori
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