La procura di Sciacca ha disposto l’autopsia sul corpo di Samuel Scacciaferro, operaio di 26 anni di Caccamo morto ieri a Menfi, folgorato da una scarica elettrica, mentre stava lavorando in un impianto fotovoltaico. L’incidente sul lavoro si è verificato in contrada Genovese. Il parco fotovoltaico in questione è stato sequestrato. Sono tuttora in corso gli accertamenti dei carabinieri sia sulla ricostruzione dell’incidente, sia sulla regolarità delle autorizzazioni tecniche e amministrative dell’impresa proprietaria dell’impianto. La famiglia di Samuel Scacciaferro, il giovane operaio di 26 anni morto ieri in un cantiere per la costruzione di un impianto fotovoltaico a Menfi, esprime «tutto il proprio profondo dolore, unito a uno stato di disorientamento e sconcerto» per la tragedia sul lavoro. «Un giovane, serio, laborioso e intraprendente, con progetti davanti, che in quel lavoro riponeva speranze per il suo futuro e nel quale invece ha trovato la morte. Lavoro che dovrebbe realizzare la persona e mai diventare un rischio concreto per la vita». La famiglia ha nominato l’avvocato Giuseppe Canzone per collaborare alle indagini della procura, dei carabinieri, dei nuclei specializzati in tema di sicurezza e prevenzione sul lavoro dell’Asp e dell’ispettorato del lavoro. «Bisognerà fare piena luce su tutti gli aspetti di questa tragedia - proseguono i familiari del giovane -, a partire dalle mansioni assegnate a Samuel, ai percorsi di formazione e sicurezza previsti dalle norme di prevenzione, fino all’organizzazione e alla sicurezza generale del cantiere. È necessario continuare a sollevare pubblicamente la questione della sicurezza sul lavoro, troppo spesso considerata un costo anziché un diritto. Non è accettabile che si continui a morire di lavoro. La sicurezza non può essere opzionale e la prevenzione non può essere trascurata. Nessuna famiglia dovrebbe trovarsi a piangere un figlio partito per lavorare e mai più tornato. Chiediamo dunque scrupolosità nella ricostruzione dell’accaduto, giustizia e attribuzione di eventuali responsabilità, ritenendo che la morte di Samuel potesse essere evitata. Lo dobbiamo a Samuel e a tutte le vite spezzate sul lavoro».