Giovanni Salamone, 61 anni, in carcere dal 16 ottobre perché accusato dell’omicidio, nella loro casa a Solero, della moglie 53enne Patrizia Russo, ha tentato di togliersi la vita nella casa circondariale Cantiello e Gaeta di Alessandria, ma gli agenti della penitenziaria l’hanno bloccato. Come ricostruito dall’Osapp, il detenuto - approfittando dell’assenza del compagno di cella per la doccia - con un cappio rudimentale, ricavato dalle lenzuola, ha tentato di togliersi la vita. «Un intervento encomiabile - commenta Leo Beneduci, segretario generale del sindacato -. Nonostante la penuria di strumenti e organici, donne e uomini del corpo continuano a fare fino in fondo il proprio dovere con la massima professionalità».
La protesta degli avvocati
«È assurdo, la prima persona a dover essere informata avrei dovuto essere io o il mio collega, per poi avvertire la famiglia. Invece ho appreso la notizia dai media. Lo stesso giudice nell’ordinanza aveva chiesto che Salamone fosse tenuto sotto controllo, vista la sua condizione di forte disagio. Questa, purtroppo invece, è la situazione delle nostre carceri». Così Elisabetta Angeleri, avvocato che difende Salamone, in pool con Gianfranco Foglino.
Cosa è accaduto
L’uomo nella prima serata di ieri ha tentato di togliersi la vita in cella. «Non sono riuscita ad avere informazioni certe, perché - prosegue Angeleri - l’agente di polizia penitenziaria con cui ho parlato ha continuato a ripetermi che non c'è il direttore e che di certe cose non si può parlare al telefono. Non mi è stato neanche confermato il ricovero in Psichiatria». Ha riferito di essersi sentita dire: «Il suo cliente sta bene, venga domani per il colloquio. Nessuna informazione in più - sottolinea la legale - e nello specifico su quanto accaduto».
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