Badante e complice condannati per avere minacciato di uccidere e mandare in manicomio un anziano se non avesse assecondato le loro richieste di denaro. Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Giuseppa Zampino, ha inflitto 4 anni e 8 mesi di reclusione, per l’accusa di estorsione aggravata, a Giuseppina Giardina, 45 anni, e Angelo Di Gloria, 65 anni. La presunta vittima, secondo quanto ha accertato il processo, sarebbe stata spinta a cedere case, attività e svuotare il conto corrente di oltre 700 mila euro.
I fatti al centro della vicenda risalgono al periodo compreso fra il gennaio del 2017 e l’aprile dell’anno successivo. I due imputati avrebbero ripetutamente minacciato un anziano di 75 anni per estorcergli soldi, appartamenti e la rivendita di tabacchi di sua proprietà. La donna, in particolare, sarebbe stata vittima di usura da parte di Di Gloria e le somme sarebbero state restituite grazie ai soldi dell'anziano, al quale la donna aveva prospettato che sarebbe stato rinchiuso in un reparto di psichiatria, picchiato e persino ucciso dall’imputato se non avesse assecondato le sue richieste. Il tutto - sostiene l’accusa - sarebbe stato premeditato con lo stesso Di Gloria.
L’anziano, quindi, sarebbe stato costretto a emettere assegni e cambiali e prelevare denaro per almeno 80 mila euro. E poi avrebbe stipulato un preliminare di vendita di due appartamenti e della tabaccheria. La donna, inoltre, l’avrebbe costretto a sottoscrivere a suo favore una procura generale in forza della quale avrebbe potuto cedere i due appartamenti dell’anziano allo stesso Di Gloria, saldando in questo modo il suo debito di 115 mila euro.
Una denuncia alla polizia dell’anziano, che si è costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Giacinto Paci, ha fatto poi partire le indagini. I difensori, gli avvocati Antonella Zanchi e Calogero Rinallo, hanno chiesto il giudizio abbreviato. La pena, quindi, è ridotta di un terzo. Il giudice ha disposto per entrambi gli imputati l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e la confisca di «denaro, beni o altre utilità di cui i condannati non possono giustificare la provenienza anche per interposta persona fisica o giuridica».
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