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Raffadali, uccise il figlio che lo maltrattava: pena più che dimezzata, da 21 a 9 anni

In appello accolta la tesi della difesa del poliziotto Gaetano Rampello, che sparò al giovane con problemi psichici

Gaetano Rampello seduto alla fermata del bus subito dopo l'omicidio del figlio

Condanna più che dimezzata - da 21 anni a 9 anni e 4 mesi - per Gaetano Rampello, 59 anni, poliziotto in servizio al reparto mobile della questura di Catania, che ha confessato l’omicidio del figlio ventiquattrenne Vincenzo. La Corte di assise di appello di Palermo ha accolto uno dei motivi del ricorso del difensore, l’avvocato Daniela Posante, che ha sollevato una complessa questione giuridica sul calcolo della pena legato, in particolare alle attenuanti e alle aggravanti.

I giudici della Corte di assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, in primo grado, lo avevano condannato a 21 anni di reclusione. Gli stessi giudici, alcune settimane dopo, lo hanno scarcerato, sostituendo la misura con gli arresti domiciliari col braccialetto elettronico. Rampello, secondo quanto ha lui stesso confessato, avrebbe esploso 14 colpi della sua pistola di ordinanza contro il figlio violento e con problemi psichici che da anni lo picchiava e gli estorceva soldi. L’omicidio è avvenuto il primo febbraio dell’anno scorso in piazza Progresso, a Raffadali, dove i due si erano dati appuntamento perché il ragazzo avrebbe preteso 30 euro. In quella circostanza il ventiquattrenne, secondo il racconto dell’imputato, avrebbe strattonato il padre, costringendolo a consegnarli altri soldi. Rampello, secondo quanto lui stesso ha ammesso, dopo essere stato aggredito ha estratto l’arma e gli ha sparato alle spalle 14 colpi e poi si è consegnato ai carabinieri a una fermata del bus.
Dietro l’omicidio c’erano anni di violenze e sopraffazioni da parte del giovane al padre, alimentati dai problemi psichici del ragazzo, che viveva insieme a uno zio in un clima conflittuale fra gli stessi genitori che si erano separati con ripetuti contrasti.
I giudici, in sostanza, in primo grado hanno riconosciuto sia le attenuanti generiche che quelle che scaturiscono dalla provocazione. Tuttavia, nel calcolo della pena, ha prevalso l’aggravante legata al fatto che la vittima dell’omicidio è il figlio dell’imputato. Nel ricorso depositato dall’avvocato Posante sono stati sollevati alcuni dubbi di costituzionalità riproposti in aula nella scorsa udienza. La stessa Corte costituzionale, pronunciandosi su un caso analogo, aveva dato ragione alla difesa. I giudici hanno, quindi, voluto esaminare meglio la questione e hanno rinviato il processo a oggi. Dopo la camera di consiglio, infine, è stata decisa la netta riduzione della condanna.

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