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Lampedusa,10 anni fa la strage: ma gli sbarchi continuano

Quando è stata lanciata la corona di fiori nel punto esatto della tragedia, la commozione ha preso il sopravvento

«Dieci anni di indifferenza, per la quale abbiamo perso circa 28mila persone». Mentre da Lampedusa, durante le commemorazioni per il decennale del naufragio che uccise 368 migranti, si levava forte la contestazione di Tareke Bhrane, presidente del comitato 3 ottobre, i barchini hanno continuato ad essere soccorsi tanto davanti alle isole Pelagie, quanto nel Sud della Sardegna e davanti Roccella Ionica in Calabria.

Il giorno del ricordo e del dolore è iniziato alle 3,15, l’ora del tragico naufragio, quando è suonato il silenzio in piazza Piave. I nomi delle vittime sono stati letti davanti al monumento che li ricorda, alla presenza di alcuni superstiti e dei familiari delle vittime. Assenti, come rimarcano gli organizzatori, i rappresentanti del governo. Anche se Giorgia Meloni ricorda «con profonda commozione il tragico naufragio. Da allora - sottolinea la premier - troppe tragedie si sono ripetute per raggiungere le coste d’Europa ed è nostro preciso dovere porre fine a questa continua strage, anche bloccando la partenza delle imbarcazioni».

La marcia verso Porta d’Europa, davanti alla quale sono stati lanciati in mare mazzi di fiori, è stata aperta dallo striscione “Basta morti invisibili». A sorreggerlo alcuni dei sopravvissuti che, come ogni anno, sono tornati ad invocare «canali di ingresso regolari».
«È necessaria una politica europea di migrazione legale, solo così si può contrastare l’irregolarità e si può battere l’attività dei trafficanti di esseri umani» ha detto la vice presidente del Senato, Maria Domenica Castellone (M5s) intervenendo alla manifestazione. E di «impegno contro i trafficanti» ha parlato, da Roma, anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «La gestione del fenomeno ha assunto una dimensione mai vista prima, che richiede soluzioni stabili e durature, con l’assunzione di forti responsabilità - ha sottolineato - da parte di tutta la comunità internazionale. Per evitare i morti in mare dobbiamo fermare le partenze e offrire una alternativa attraverso la creazione, come sta facendo il nostro governo, di canali di ingresso che consentano poi l’effettivo inserimento nel nostro tessuto economico».

Quando è stata lanciata la corona di fiori nel punto esatto della tragedia, la commozione ha preso il sopravvento. “Qualunque autorità nazionale e internazionale venendo qua ha detto: mai più morti, invece siamo ancora qua - ha sbottato il presidente del Comitato 3 ottobre - Bisogna lavorare a monte, nei Paesi di origine e di transito. Ringrazio i sopravvissuti che ogni anno tornano a Lampedusa da cittadini europei: c’è chi è diventato norvegese, svedese, olandese». Centinaia anche gli studenti europei che hanno partecipato alla marcia silenziosa. A loro si è rivolto il prefetto di Agrigento, Filippo Romano: “Quello che è successo dieci anni fa a Lampedusa non è soltanto un episodio, ma la punta di un iceberg. Non esistono soluzioni semplici, la ricetta ideologica non funziona. Le scelte spettano al Parlamento, ma noi dobbiamo imparare ad essere fratelli fra noi, altrimenti non potremmo esserlo con chi è altro da noi».
Pochi i lampedusani presenti alla manifestazione. «Commemoriamo ogni giorno, accogliendo» sottolinea un quarantenne che assiste alla marcia. «Si mettano da parte le ideologie, i colori politici e si lavori per arrivare a una soluzione condivisa il prima possibile. La vera sfida per l’Italia e per l’Europa deve essere quella di far sì che questi viaggi avvengano per scelta e non più per costrizione e per obbligo - ribadisce il sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino. Dopo 30 anni, Lampedusa continua a dare lezioni di umanità all’Italia, all’Europa e al mondo intero, mentre le istituzioni continuano a guardarci senza che accada nulla, senza che si intervenga con una vera politica migratoria».
I viaggi della speranza, intanto, non si fermano: sbarchi di tunisini a Lampedusa ma anche anche a Villasimius in Sardegna, e a Roccella Ionica, con gruppi di iracheni, iraniani e curdi giunti a bordo di due barche a vela. Domani, al porto di Marina di Carrara approderanno invece i 176 profughi, fra cui 94 minori, che sono stati soccorsi nel canale di Sicilia dalla nave Open Arms.

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