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Agrigento, il gip tiene in carcere i tre scafisti: così è stato bloccato il «viaggio di lusso» sul peschereccio tunisino

Le indagini della polizia e della guardia di finanza hanno permesso di portare alla luce il sistema organizzato per i migranti che possono spendere cifre maggiori

Restano in carcere ad Agrigento i tre tunisini fermati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e accusati di essere gli scafisti del peschereccio Abouamer con a bordo 31 persone. Lo ha deciso il gip Stefano Zammuto che ha convalidato il fermo eseguito dalla squadra mobile della Questura e da militari della guardia costiera e della guardia di finanza.

L’equipaggio dell’imbarcazione, partita dalla Tunisia, era stato bloccato a sud di Lampedusa dopo che aveva fatto trasbordare i profughi su un gommone. Nei confronti dei tre indagati, di 51, 38 e 24 anni, il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Secondo la ricostruzione della Procura di Agrigento sarebbe stato un «viaggio di lusso» per migranti, improntato alla massima sicurezza, con i viaggiatori che hanno pagato più del doppio della tariffa abituale.

I fermi sono stato convalidati ieri, 16 agosto, dal giudice per le indagini preliminari. L’attività di polizia giudiziaria, avviata lo scorso 12 agosto, traeva origine da una chiamata di soccorso con la quale veniva segnalata la presenza di un’imbarcazione con migranti nelle acque a sud di Lampedusa. In realtà, i mezzi navali di guardia di finanza e Frontex, inviati sul posto, hanno trovato il peschereccio, con a bordo i 31 migranti e i tre membri dell'equipaggio. Il peschereccio trainava due tender privi di motore.

La presenza di due motori fuoribordo normalmente utilizzati su piccoli natanti, le buone condizioni di salute dei migranti, incompatibili con chi affronta i cosiddetti «viaggi della speranza» via mare, e la precarietà dei due piccoli gommoni trovati a fianco del peschereccio, inducevano a pensare che sicuramente i migranti non avessero viaggiato in autonomia. In effetti, anche alcuni video, rinvenuti all’interno degli smartphone dei migranti, confermavano che questi avessero viaggiato a bordo del peschereccio tunisino sin dal principio.

Le successive attività investigative presso l’hotspot dell’isola di Lampedusa, condotte dalla squadra mobile di Agrigento e dai finanzieri della sezione operativa navale e della tenenza di Lampedusa, sotto il coordinamento della procura di Agrigento, hanno consentito di accertare l’ipotesi di una condotta ben pianificata da parte del peschereccio tunisino, finalizzata a scaricare i migranti sulle imbarcazioni più piccole in prossimità delle acque lampedusane, simulando poi una mera assistenza ed attivando così la macchina dei soccorsi.

Restano in carcere, quindi, tutti i componenti dell’equipaggio del peschereccio tunisino che precedentemente erano stati trasferiti ad Agrigento con una unità navale della guardia di finanza, per essere poi tradotti presso la casa circondariale Petrusa.

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