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Migranti, l'appello del prefetto di Agrigento: «Fermate il traffico di essere umani»

«Ogni viaggio, dato che i barchini vengono stipati fino a 40 e più persone, frutta agli organizzatori 120 mila euro, con una spesa irrisoria che è invece quella del barchino di metallo mal saldato, il motore e un po' di carburante»

Il prefetto di Agrigento Filippo Romano

«Ogni viaggio, dato che i barchini vengono stipati fino a 40 e più persone, frutta agli organizzatori 120 mila euro, con una spesa irrisoria che è invece quella del barchino di metallo mal saldato, il motore e un po' di carburante. Questo traffico di esseri umani ha poco a che vedere con l’immigrazione perché sono numeri che non controlliamo noi e non controllandoli il sistema Paese non può avere un progetto di inserimento commisurato sugli ingressi». Lo ha detto il prefetto di Agrigento, Filippo Romano (nella foto), che, ieri sera, al teatro Panoramica dei Templi, in piena Valle, ha preso parte all’evento «Mamma Africa: di mare, di madri e altre storie ...», organizzato dalla Questura di Agrigento, durante il quale è stato proiettato «Ccà semu»: il documentario su Lampedusa del regista e produttore cinematografico e teatrale Luca Vullo che è anche ambasciatore nel mondo della comunicazione gestuale italiana.

«È importante quello che sta facendo il Governo, ossia prevedere delle quote di ingressi legittimi che siano corrispondenti alle capacità di assorbimento della nostra industria e agricoltura, perché sicuramente abbiamo spazio e bisogno di queste energie - ha aggiunto Romano -, ma va fatto in maniera coordinata. Non dobbiamo accontentarci del soccorso, non basta. Il soccorso è il momento più nobile, più appariscente, più gratificante per certi versi, ma poi c’è il seguito: dopo il soccorso queste persone devono poter essere introdotte se è possibile. Perché oltre alle belle storie di inserimento, ci sono storie di abbandono e miseria umana che conseguono a progetti migratori che si concludono in fallimenti. Bandire l’ipocrisia significa guardare in faccia a questa realtà».

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