Una fuga di notizie per fini personalistici ovvero per evitare macchie sul curriculum e ambire alla tanto ambita promozione a generale in un caso e alla prosecuzione naturale della carriera nell’altro. Il terzo presunto responsabile della rivelazione, invece, lo avrebbe fatto solo per mettere in guardia un collega ed evitargli guai. Il procuratore facente funzioni Salvatore Vella e il pm Maria Barbara Grazia Cifalinò hanno chiesto la condanna del comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, il colonnello Vittorio Stingo, e di altri due ufficiali ovvero Augusto Petrocchi, a capo della Compagnia di Licata, e del capitano Carmelo Caccetta, ex comandante del Nucleo operativo radiomobile della stessa Compagnia.
Un anno e 6 mesi è la proposta di pena per Stingo, accusato pure di calunnia ai danni del collega Antonello Parasaliti, il comandante del Ros di Palermo che ha catturato Matteo Messina Denaro; 8 mesi per Petrocchi e 2 mesi e 20 giorni per Caccetta.
Le pene proposte sono ridotte di un terzo per effetto del rito abbreviato. I primi passi della vicenda risalgono al giugno di due anni fa: l’allora procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, adesso a capo dei pm di Roma, comunica - «lecitamente», come sottolinea l’atto di accusa dei pm agrigentini - a Stingo che il Ros di Palermo aveva in corso un’attività di indagine che coinvolgeva alcuni suoi uomini e, in particolare, alcuni carabinieri della Compagnia di Licata. Da settembre dello stesso anno e fino al giugno successivo, sempre in maniera legittima, secondo la ricostruzione della procura di Agrigento, un alto ufficiale dell’Anticrimine aggiorna Stingo, evidentemente per ragioni istituzionali, degli sviluppi della vicenda comunicandogli che il militare indagato era il luogotenente Gianfranco Antonuccio, in servizio alla Compagnia di Licata, che da lì a breve fu arrestato con l’accusa di avere chiesto tangenti in cambio di favori e coperture.
L’ufficiale lo informò degli sviluppi dell’indagine e della possibilità di una misura cautelare. Stingo «violando i doveri inerenti le funzioni - è l’atto di accusa dei pm - rivela le circostanze al sottoposto capitano Petrocchi al fine di avviare una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale di Antonuccio». Secondo Vella, Stingo avrebbe messo a rischio l’indagine con la sola finalità di evitare macchie sul suo curriculum ovvero farlo trasferire prima dell’arresto in modo che, al momento del provvedimento, non sarebbe stato alle dipendenze del suo comando. Il suo arresto avrebbe infatti impedito la promozione a generale.
«La nomina a generale - ha attaccato Vella - è il collo di bottiglia di tutti gli ufficiali di accademia, come Stingo. Tutti nascono sottotenenti e tutti diventano colonnelli. Pochi diventano generali e continuano la carriera. Gli altri, la maggior parte si ferma a colonnello». Petrocchi avrebbe, quindi, riferito a Caccetta e a un altro carabiniere le informazioni apprese da Stingo sempre per le stesse finalità ovvero far trasferire la «mela marcia» della Compagnia. Il tutto, però, «prima che venisse arrestato o fosse nota la sua condizione di indagato». Anche nel caso di Petrocchi, secondo i magistrati della procura, la finalità sarebbe stata la stessa: «E' un giovane ufficiale di Accademia al suo primo incarico che vuole evitare macchie». Infine Caccetta che mette in guardia un altro carabiniere dicendogli di fare attenzione ad Antonuccio, «da sempre chiacchierato ma mai inquisito» - sottolinea il procuratore. L’ufficiale viene intercettato «di rimbalzo», il 15 giugno del 2022, nell’ambito dell’indagine a carico dello stesso Antonuccio.Stingo è accusato pure di calunnia ai danni del colonnello Parasaliti.
La nuova richiesta di rinvio a giudizio - i due procedimenti sono stati unificati - scaturisce dall’ipotesi di avere mentito ai pm - in occasione dei due interrogatori, insieme al suo legale Salvatore Pennica, con cui si difendeva dall’accusa di rivelazione di segreto di ufficio. In particolare avrebbe negato di avere ricevuto l’informazione istituzionale dell’avvenuto deposito dell’informativa finale a carico di Antonuccio nei cui confronti era stata chiesta una misura cautelare. «Le dichiarazioni rese dal tenente colonnello - ha detto a verbale riferendosi al collega del Ros - non sono vere": in questo modo, sostiene adesso la procura, lo avrebbe accusato falsamente, sapendolo innocente, del reato di false informazioni a pubblico ministero. Lo stesso Pennica, a margine dell’udienza, ha commentato: Il legale di Stingo e Petrocchi e gli altri componenti del collegio difensivo (Petrocchi è difeso pure dalla collega Daniela Posante, Caccetta è assistito dall’avvocato Santo Lucia) illustreranno le loro arringhe fra il 17 e il 24 maggio: l’ultima data potrebbe essere quella della sentenza.
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