
Un'attesa infinita al pronto soccorso in un ospedale di Roma, ore e ore su una sedia di ferro e poi due giorni in barella, con una febbre a 40 e un'infezione polmonare post operatoria in corso. Esausta e in condizioni ormai sempre più critiche, la decisione: prendere un aereo per tornare in Sicilia, la sua Sicilia, per farsi visitare e curare.
Mai decisione fu più giusta: il tempo del volo tra la Capitale e l'Isola e l'arrivo a Canicattì, nel giro di poche ore aveva un letto in ospedale, una cura e tutte le rassicurazioni del mondo. E la conseguente guarigione, avvenuta in due giorni. Una storia, quella della signora, che riconcilia, almeno in parte, sulla sempre tanto bistrattata sanità siciliana, più precisamente con quei servizi periferici e con quelle strutture, come è il "Barone Lombardo" di Canicattì, troppo spesso dimenticate, continuamente a rischio di essere smantellate o persino chiuse, come se non fossero importanti per il territorio.
La storia della signora canicattinese inizia qualche settimana fa, quando giunge a Roma per un intervento. Perfettamente riuscito, poi le dimissioni. Una volta fuori dall'ospedale, la febbre a 40 e la corsa al pronto soccorso: "Io tra l'altro ho una patologia cronica, quindi sono una paziente fragile e loro lo sapevano - dice la donna -. Non mi hanno considerata. Sono stata ore e ore su una sedia di ferro, scomodissima, e poi su una barella per due giorni, senza nemmeno poter appoggiare un bicchiere. Eravamo tutti in fila, una schiera di barelle, in attesa di essere ricoverati. Mi hanno dato tachipirina e antibiotico, ma io continuavo a peggiorare, avevo un'infezione post operatorio che era arrivata ai polmoni. Avevo paura. Da qui la decisione di andarmene e prendere un aereo per tornare a casa, a Canicattì, dove sono stata accolta a braccia aperte. Nel giro di nulla mi hanno fatto la diagnosi, mi hanno ricoverato e curato nel migliore dei modi, tanto che già domani sarò dimessa e potrò tornare a casa".
"Queste sono storie che rivalutano il nostro mestiere e soprattutto il nostro compito all'interno del territorio - dice Giuseppe Augello, direttore del reparto di medicina interna ad alta intensità (unico in Sicilia) dell'ospedale di Canicattì -. Vediamo sempre più spesso come i pronto soccorso delle grandi città italiane sono intasati e non offrono in servizio all'altezza. Questo succede perchè da anni stanno tentando di smantellare strutture come la nostra, la medicina territoriale, che sono un avamposto importante e spesso sottovalutato. I "piccoli ospedali" non si devono chiudere, ma si devono potenziare".
Persone:
6 Commenti
Sim
13/12/2022 15:59
Letta da Palermo è una storia incredibile, da farti pensare a una qualche forma di pubblicità, tanto pensare male è peccato però... Però non sempre ci si azzecca. Forse la spiegazione è tutta nel fatto che si tratta di un “piccolo” ospedale dove il rapporto struttura ospedaliera-abitanti è quello giusto.
Riflessioni
13/12/2022 16:29
La signora avrebbe fatto meglio a recarsi nello stesso reparto dove è stata operata o contattando uno dei medici dell'equipe che ha effettuato l'intervento più che recarsi in un pronto soccorso e subire una inutile estenuante attesa .
Io
13/12/2022 17:19
La signora è stata coraggiosa e protetta dal Signore.....
Alessandro
13/12/2022 18:50
Non c'è volontà per potenziare la sanità pubblica. Quella privata si. I soldi si trovano. Per le armi in Ucraina per gli incentivi statali per le auto.per tutto quello che serve ai compari di voto e amici. Hai voglia di leggere qst storie...Un plauso all'ospedale che ha accolto la signora ovviamente. Dove sono i sindacati?!! Perché medici di pronto soccorso non si ribellano?!! Ma come si fa a lavorare in qst condizioni penose?!!
mario
14/12/2022 06:01
Per quelle poche volte che sono stato in ospedale a Palermo, ho ricevuto tutte le attenzioni da parte dei medici, con professionalità e umanità. non capisco tutte le critiche fatte contro
Roberto
14/12/2022 12:55
Il messaggio non è tanto che la Sicilia è meglio di Roma, ma che è meglio farsi curare dove hai contatti, qualcuno che ti conosce. E fin qui ci siamo, ma poi è ancor meglio farsi curare dove hai veri e propri agganci e conoscenze negli ospedali. A Palermo, non conoscendo un cane, ogni ospedale è stato un incubo, ma vedevo i vari pazienti che avevano il medico compaesano di fiducia che li andava a guardare svariate volte al giorno facendogli le feste, per poi mostrarsi freddo con lo sconosciuto arrivato dal prontosoccorso. Alcuni pazienti avevano i parenti infermieri che li trattavano sempre per la preferenziale, con il letto sempre pronto, e qualcuno che li seguiva nel post operatorio. Una volta mio padre doveva andare in rianimazione, sapevamo così fino all'ultimo minuto, poi l'amico di un infermiera è arrivato con lo stesso problema di mio padre, molto dopo e in forma meno grave, ed è stato mandato misteriosamente in rianimazione al posto suo, mio padre, non essendoci più posti è finito in un reparto ordinario ed ha preso un infezione ospedaliera nell'abbandono più totale. E questa purtroppo non è un eccezione, di starei da raccontare ne avrei, purtroppo, moltissime a riguardo. Alcune le sanno anche al tribunale di Palermo.