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Il naufragio dei bambini a Lampedusa, il pm chiede l’assoluzione di due militari

«Gli imputati vanno assolti perché il fatto non sussiste». E’ la richiesta della Procura di Roma per i due militari di Marina imputati nel processo per il «naufragio dei bambini», il drammatico evento dell’11 ottobre del 2013 avvenuto al largo di Lampedusa in cui morirono 268 persone, tra cui 60 minori.

Una requisitoria, quella della Procura, aperta dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco il quale ha voluto sottolineare davanti ai giudici della seconda sezione collegiale della Capitale che non si tratta un un processo «ai responsabili del naufragio», perché questi sono «i mercanti di uomini che hanno messo 400 persone su un peschereccio e poi gli hanno sparato contro». Né è un processo «ai tempi e ai modi di come sono state effettuate le modalità di salvataggio poiché - ha detto il rappresentante dell’accusa - l’intervento è stato effettuato in zona Sar Maltese dalle autorità di quel Paese e il tutto esula dalle responsabilità della giurisdizione italiana». I pm di piazzale Clodio sono tornati, quindi, a chiedere di far cadere le accuse per l’allora responsabile della sala operativa della Guardia Costiera, Leopoldo Manna, e dell’allora comandante della sala operativa della Squadra navale della Marina, Luca Licciardi. In passato, infatti, la Procura aveva chiesto l’archiviazione dell’indagine a cui però si era opposto il gip. Nel procedimento risultava iscritta anche la comandante di Nave Libra (l’imbarcazione della Marina Militare che navigava a poche decine di miglia dal barcone dei migranti, ndr), Catia Pellegrino, la cui posizione è stata stralciata. Nei confronti di Manna e Licciardi i reati contestati sono di rifiuto d’atti d’ufficio e omicidio colposo. Dagli elementi emersi nel corso delle indagini, per i pm dunque non c’è stata «la volontà degli imputati di volere la morte dei migranti. Non c’è alcun dolo, le procedure sono state rispettate e la loro missione è salvare le persone in mare».

Nel corso della requisitoria i rappresentati dell’accusa hanno affermato che «le procedure, seppur farraginose all’epoca, sono state attuate. I due ufficiali non si sono disinteressati e hanno compiuto le procedure previste all’epoca. Le modalità con cui è avvenuto il naufragio non hanno permesso di stabilire un bilancio ufficiale, c’è un deficit di conoscenza sul numero dei morti, sulle cause e sulla riconducibilità al presunto ritardo. Nave Libra non sarebbe potuta arrivare prima. Non ci sono elementi per affermare la penale responsabilità degli imputati, le procedure sono state rispettate». L’esame di tutti i testimoni e degli esperti ascoltati dal Tribunale, ha sottolineato ancora Colaiocco, ha fatto «emergere che gli imputati avevano delle procedure regolamentari, poi modificate a seguito degli eventi, da seguir. E i venti minuti impegnati da ogni imputato a verificare con i propri superiori la fattibilità dell’accoglimento della richiesta e a renderla operativa, costituiscono tempi fisiologici in ogni operazione di salvataggio». In base a quanto ricostruito dai magistrati di piazzale Clodio, le autorità maltesi, che in un primo momento si erano assunte l’onere dei soccorsi, avrebbero segnalato agli omologhi italiani, alle 16.22 di quel drammatico giorno, la necessità di un intervento della nave militare Libra in quanto più vicina al luogo in cui si trovavano i migranti siriani che stavano fuggendo dalla guerra civile.

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