Due parcelle, dell’importo complessivo di circa 18.000 euro, finite nelle tasche dell’ingegnere Lorenzo Caramma, marito dell’ex giudice Silvana Saguto, a sua volta nominato «coadiutore» dell’ex potentissimo amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara in un procedimento di prevenzione concluso con la confisca (assai parziale rispetto all’ipotesi iniziale) dei beni dell’imprenditore di Racalmuto, Diego Agrò.
Sia Agrò che il suo legale, l’avvocato Salvatore Pennica, hanno chiesto ai giudici del tribunale di Agrigento, che hanno curato il procedimento, di non approvare il rendiconto di gestione: si tratta di un patrimonio di aziende, immobili e conti in Italia e all’estero a cui erano stati messi i sigilli nell’ambito di un’indagine su un giro di usura, ritenuto legato alla mafia, che avrebbe coinvolto l’imprenditore Diego Agrò e il fratello Ignazio in un primo momento accusati (prima dell’assoluzione definitiva) di avere commissionato ai boss l’omicidio di una vittima del giro di strozzinaggio ovvero il commerciante di Milena, Mariano Mancuso, che li aveva denunciati.
Nell’ambito di quel procedimento Cappellano Seminara avrebbe fatto confluire due parcelle sospette a Caramma, di cui adesso Agrò e il suo legale chiedono chiarezza anche attraverso una serie di esposti. La vicenda, peraltro, è stata oggetto del processo al «cerchio magico» della Saguto, ovvero a tutti i professionisti e uomini delle istituzioni che avrebbero lucrato gestendo in modo delinquenziale e corruttivo le amministrazioni giudiziarie, in cui sono stati condannati sia l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo che il marito e Cappellano Seminara. Il collegio di giudici presieduto da Wilma Angela Mazzara, quindi, ha disposto accertamenti relativi al procedimento da poco definito in Corte di appello a Caltanissetta per valutare se le somme finite nei conti del marito della Saguto sono legittime.
«Rilevato che, però – scrivono i giudici -, quanto esposto dal ricorrente si fonda, allo stato, sulle sole circostanze ritenute nella sentenza emessa dal Tribunale di Caltanissetta che, per quanto è dato sapere, non è ancora definitiva, essendo stata impugnata, preliminare ad ogni altra decisione appare acquisire informazioni sullo stato del procedimento in questione con eventuale acquisizione dei procedimenti dei gradi successivi al fine potere valutare la complessa questione in esame sulla base di elementi che possono dirsi accertati in via definitiva».
La questione, quindi, sarà affrontata a partire dal 23 novembre. Sulla vicenda, lo scorso 20 luglio, è arrivato il sigillo della Corte di appello. I giudici hanno condannato a 8 anni e 10 mesi di carcere l’ex giudice Silvana Saguto, accusata di avere guidato il «cerchio magico» nella sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. In primo grado era stata condannata a 8 anni e 6 mesi. Secondo l’accusa Saguto, sarebbe stata al centro di un vero e proprio «sistema» che avrebbe pilotato l’assegnazione delle amministrazioni giudiziarie dei beni sequestrati alla mafia in cambio di favori. Queste le altre condanne degli imputati nella sentenza arrivata dopo quattro ore di camera di consiglio che conferma quasi totalmente la decisione di primo grado. Oltre alla ex giudice, condannata a otto anni, 10 mesi e 15 giorni di carcere (l’accusa aveva chiesto dieci anni), è stato condannato anche l’ex «re» degli amministratori giudiziari, l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, che ha avuto 7 anni e 7 mesi, un mese in più del primo grado. Pena confermata per il marito dell’ex giudice, l’ingegnere Lorenzo Caramma, condannato, come in primo grado, a 6 anni e due mesi di carcere.
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