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Arrestato carabiniere di Licata: è accusato di avere chiesto soldi al boss Buggea. Altri due in carcere

A Gianfranco Antonuccio vengono contestati i reati di induzione a consegnare denaro, traffico di monete false e rivelazione di segreto d’ufficio: ad incastrarlo le dichiarazioni di Angela Porcello

Nell’ambito di una indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, condotta dai sostituti procuratori Pierangelo Padova e Francesca Dessì e coordinata dall’aggiunto Paolo Guido, i carabinieri del Ros di Palermo hanno arrestato il luogotenente dell’Arma Gianfranco Antonuccio, in servizio al Reparto investigativo della Compagnia di Licata.  In carcere altre due persone, entrambe di Palma di Montechiaro: sono Filippa Condello e Giuseppe Di Vincenzo. Ci sono altre due persone coinvolte, che però non hanno subito alcuna misura: uno è pure lui carabiniere,  l'altro un pregiudicato di Palma.

Il militare è accusato di induzione a consegnare denaro, traffico di monete false e rivelazione di segreto d’ufficio. Tra gli elementi a carico di Antonuccio ci sono le dichiarazioni dell’avvocato Angela Porcello, ritenuta tra i capi di Cosa nostra agrigentina, finita in manette in una indagine che ha svelato il suo ruolo di intermediario con boss di spicco detenuti. La donna ha dichiarato ai pm che il carabiniere avrebbe chiesto 1.500 euro al suo compagno, il capomafia Giancarlo Buggea, quando questi era ai domiciliari. Antonuccio, incaricato di controllare che Buggea rispettasse le prescrizioni imposte dalla misura, avrebbe in cambio chiuso un occhio sul comportamento del boss. Il nome del carabiniere ricorre, inoltre, in diverse intercettazioni dalle quali emergono anche suoi rapporti con una organizzazione di trafficanti di droga.

Aveva ricevuto un encomio

Antonuccio aveva ricevuto un encomio, 4 anni fa, dalla Legione dei carabinieri. Nell’encomio si legge che il carabiniere, che s’era già distinto in precedenti operazioni di servizio «dando piena prova di elevata professionalità, spiccato acume investigativo e non comune dedizione al servizio, conduceva in un’area caratterizzata da omertà e diffuso timore di ritorsione, una prolungata attività investigativa che consentiva di individuare gli autori dell’incendio a scopo intimidatorio ai danni di una casa del sindaco di Licata».

 

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