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Così la mafia ha ripreso vigore nell'Agrigentino, patto con la Stidda

"Sul territorio delle provincia di Agrigento oramai da almeno sei anni, si è verificata una serie di fatti di reato quali omicidi e tentati omicidi, nonché rinvenimento di veri e propri arsenali di armi, da cui desumere la progressiva recrudescenza di fatti criminosi di sangue nel territorio, dopo un periodo di sostanziale 'silenziò da parte delle organizzazioni mafiose ivi operanti (sia cosa nostra che stidda) e la notevole disponibilità di armi da fuoco, anche del tipo da guerra (kalashnikov, esplosivi ed altro)". Ad evidenziarlo è la Relazione sull'amministrazione della giustizia nell’anno 2021 pubblicata dal distretto di corte d’Appello di Palermo presieduta da Matteo Frasca, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

"Peraltro - si legge - proprio con riferimento alla Stidda, è emerso dalle indagini svolte sino al febbraio 2021 che alcuni storici appartenenti ad essa, dopo avere ottenuto la declaratoria di 'impossibilità' della loro collaborazione, hanno sfruttato la disciplina premiale, prevista anche per i detenuti ergastolani, per ritornare ad agire sul territorio con i metodi già collaudati (ed accertati) in passato e così rivitalizzare una frangia criminale-mafiosa, quella della stidda, condannata da tempo all’estinzione, e proiettarla con spregiudicatezza e violenza nel territorio agrigentino in una competizione allo stato pacifica con Cosa nostra specie sul lucrosissimo, e dunque strategico, settore delle mediazioni nel mercato ortofrutticolo, uno dei pochi settori produttivi nella provincia di Agrigento"

"Dalle indagini - prosegue la relazione - è inoltre emerso che Cosa nostra e stidda hanno sancito un accordo di pace tuttora vigente. Con riguardo alle altre fattispecie delittuose, sono stati registrati all’interno degli istituti penitenziari (ivi compresi quelli ove vengono allocati i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis O.P.), - in diverse occasioni - preoccupanti spazi di gravissima interazione fra detenuti, fra detenuti e l’esterno nonché fra detenuti e appartenenti alla polizia penitenziaria; interazione che l’attuale sistema penitenziario non è riuscito, in tali momenti, a evitare".

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