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Le mani della mafia sul comune di San Biagio Platani, condannato l'ex sindaco Sabella

Santo Sabella

Le mani della mafia sul Comune di San Biagio, asservito alla cosca in forza di un preciso accordo elettorale precedente alle stesse elezioni del 2014: i giudici della seconda sezione penale del tribunale di Agrigento, presieduta da Alfonso Malato, hanno condannato l’ex sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella, per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Sei anni e 8 mesi è la pena inflitta, che prevede anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici: poco più della metà rispetto ai 12 anni chiesti dal pubblico ministero della Dda, Alessia Sinatra. «E' stato eletto nel 2014 - aveva detto il pm nel corso della requisitoria, articolata in più udienze - grazie ad un accordo col boss del paese Giuseppe Nugara, con una precisa strategia messa a punto nei dettagli che prevedeva pure una formale contrapposizione di liste che, in realtà, serviva solo a favorire la sua elezione». Secondo il magistrato della Dda, Santo Sabella, nel 2014, fu eletto grazie ad un accordo col capomafia che organizzò tutto nei dettagli avendone in cambio la gestione di affari e appalti per uomini a lui vicini.

L’inchiesta ha portato allo scioglimento del Comune per infiltrazioni della criminalità organizzata. Sul banco degli imputati, nello stralcio ordinario del processo Montagna, che il 22 gennaio del 2018 ha fatto finire in carcere decine di persone, fra cui lo stesso Sabella tornato libero dopo 2 anni, altre cinque persone. Il pm aveva chiesto la condanna di tutti ma i giudici ne hanno deciso solo una. Queste le richieste: Domenico Lombardo, 29 anni, di Favara (8 anni), Salvatore Montalbano, 28 anni, di Favara (18 anni), Calogero Principato, 30 anni, di Favara (16 anni), Giuseppe Scavetto, 51 anni, di Casteltermini (16 anni) e Antonio Scorsone, 55 anni di Favara (5 anni). Scavetto, secondo l’accusa, sarebbe stato organico alla famiglia mafiosa di Casteltermini. Scorsone, invece, si sarebbe fatto intestare una società, in realtà di proprietà del mafioso (oggi pentito) Giuseppe Quaranta, per sottrarla al sequestro mentre gli altri imputati, secondo i magistrati, avrebbero avuto un ruolo nel traffico di droga gestito dal clan. I giudici, invece, hanno escluso l’esistenza di un’organizzazione a delinquere dedita al traffico di droga e condannato il solo Montalbano per tre episodi di spaccio a 4 anni e 9 mesi di reclusione. Per il resto sono state decise assoluzioni mentre per Lombardo i giudici hanno disposto la prescrizione dopo avere riqualificato l’accusa di spaccio in «fatto di lieve entità».

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