Sei richieste di condanna, di cui tre all’ergastolo: secondo i pubblici ministeri della Dda di Palermo Alessia Sinatra e Claudio Camilleri gli imputati del processo scaturito dall’inchiesta «Mosaico», che ha svelato una faida sull’asse Favara-Belgio, scaturita dall’omicidio dell’imprenditore fiancheggiatore del boss Gerlandino Messina, sono colpevoli. Tre, in particolare, gli omicidi consumati e due gli agguati falliti al centro della vicenda. Sullo sfondo, un traffico di armi e droga. L’operazione, che ha fatto luce su altri episodi di sangue maturati nell’ambito degli scontri fra le due bande, è stata eseguita il 15 settembre dell’anno scorso dalla squadra mobile. Sotto accusa Antonio Bellavia, 48 anni, residente in Belgio; Calogero Bellavia, 30 anni, di Favara; Calogero Ferraro, 43 anni, di Favara; Calogero Gastoni, 38 anni, di Agrigento; Carmelo Nicotra, 39 anni, di Favara; Gerlando Russotto, 31 anni, di Favara e Vincenzo Vitello, 64 anni. I pm hanno proposto l’ergastolo per i Bellavia e per Gastoni, 16 anni per Russotto, 14 anni per Ferraro, 8 anni per Nicotra e 4 anni e 4 mesi per Vitello.
Tre gli omicidi «con metodo mafioso» contestati: quello di Mario Jakelich, avvenuto il 14 settembre del 2016 in Belgio (contestato ai Bellavia e a Carmelo Vardaro, già rinviato a giudizio), quello ai danni di Carmelo Ciffa, ucciso in pieno giorno a Favara il 26 ottobre del 2016 (contestato ai Bellavia) e quello ai danni di Emanuele Ferraro, ucciso a Favara l’8 marzo del 2018: il delitto è contestato a Gastoni. Maurizio Di Stefano, 47 anni, di Favara, la cui posizione di indagato è stata stralciata, sarebbe stato vittima di due tentati omicidi. Il primo in occasione dell’omicidio di Jakelich e il secondo, il 23 aprile del 2017, a Favara, nel magazzino di Nicotra: anche in questo caso la vittima designata era lui ma si salvò e restò solo ferito. Nell’inchiesta sono confluiti una serie di segmenti investigativi su un vasto giro di armi, droga ed episodi di criminalità connessi agli agguati. Nicotra è accusato di favoreggiamento dei suoi stessi killer per non avere rivelato la loro identità agli inquirenti. «La miccia - avevano ricostruito i pm nella prima udienza dedicata alla requisitoria - fu accesa con l’omicidio di Carmelo Bellavia, deciso da Maurizio Di Stefano perchè non gli aveva restituito una somma di denaro prestata e non aveva saldato un debito di droga».
Caricamento commenti
Commenta la notizia