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La strage dei migranti, salme sfrattate dalle tombe finiscono in una fossa comune

Secondo gli uffici i corpi sono stati portati via perché appartenenti a persone «mai identificate» e indicate solo con un numero. Il sindaco Francesca Valenti ha disposto una indagine interna

Non c’è pace nemmeno da morti per le vittime del naufragio del 3 ottobre 2013 avvenuto a Lampedusa, che costò la vita a 368 migranti. «Sfrattati» dalle tombe del cimitero di Sciacca e inumati in una fossa comune a causa di un contenzioso giudiziario con il Comune.

Lo hanno scoperto quattro profughi eritrei, provenienti dalla Svezia, che si erano recati al cimitero per rendere omaggio a parenti e amici morti nella tragedia. Anche loro hanno trovato i loculi svuotati, come era capitato qualche giorno fa a due connazionali venute dalla Svizzera, che avevano cercato inutilmente la tomba dove era stata tumulata la sorella. Ne è scaturita una richiesta di chiarimenti avanzata alle autorità locali.

Secondo gli uffici comunali le salme sono state spostate nel campo comune perché appartenenti a persone «mai identificate» ma indicate solo con un numero. Una tesi, questa, che continua ad essere contestata da don Mussie Zerai, il prete eritreo attivista per i diritti di migranti e rifugiati che nei giorni scorsi ha protestato pubblicamente. «Il Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse - spiega il sacerdote - ha una mappa completa riferita alle vittime dei naufragi, e le procedure di identificazione dei singoli soggetti sono tuttora in corso, anche attraverso specifiche analisi del Dna, proprio con l’obiettivo di associare a ciascun numero un nome, garantendo così degna sepoltura, cosa per la quale lo Stato italiano ha assunto precisi impegni. Di conseguenza - conclude don Mussie - non è accettabile spostare le salme nel campo comune, bisogna fare chiarezza».

Il sindaco di Sciacca Francesca Valenti si è detta sorpresa della vicenda e ha disposto una indagine interna per accertare eventuali responsabilità. Nel frattempo però si è appreso che lo svuotamento dei loculi era stato disposto dagli uffici comunali competenti a seguito di un’ordinanza cautelare dell’autorità giudiziaria, che ha accolto il ricorso di una confraternita a cui il comune, per fronteggiare carenze proprie, aveva requisito 39 loculi, disponendone la restituzione urgente. L’ufficiale giudiziario si è presentato al cimitero per dare esecuzione al provvedimento. «Ma sia il comune, sia il tribunale - aggiunge don Mussie Zerai - dovrebbero sapere bene che questi loculi non potevano essere liberati e le salme spostate. L’Italia ha assunto un impegno a cui non può sottrarsi in questo modo, è un fatto di pietas, non è giusto - conclude - che oltre al dramma di essere morte, a queste persone venga negato perfino il diritto ad una tomba».

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