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Agrigento, costretta a fare sesso in Ramadan: marito rinviato a giudizio ma lei lo perdona

«Siamo tornati ad abitare assieme, ci siamo rappacificati. Aspettiamo un bimbo, sono al quarto mese di gravidanza». Una 32enne marocchina, che aveva denunciato e fatto finire a processo il marito - un medico di 32 anni più grande - dopo il rinvio a giudizio dell’uomo lo perdona e ritira la costituzione di parte civile.

Se il suo difensore, l’avvocato Laura Lo Presti, ha formalizzato la rinuncia a chiedere i danni all’imputato, la donna, in ogni caso, è «obbligata» a testimoniare perché l’accusa di violenza sessuale è perseguibile anche senza la querela della vittima. Sotto accusa è un medico di Agrigento di 65 anni, rinviato a giudizio per le accuse di violenza sessuale, lesioni aggravate, porto ingiustificato di arma fuori dalla propria abitazione e maltrattamenti con l’aggravante dell’odio razziale.

Il medico, difeso dall’avvocato Fabio Inglima Modica, avrebbe maltrattato la donna, aggredendola fisicamente e verbalmente, vessandola, umiliandola e impedendole di professare liberamente il suo credo religioso. In particolare l’avrebbe denigrata e minacciata, aggredendola fisicamente e «costringendola a rinunciare ai riti della propria religione islamica, continuamente da lui denigrata».

Al medico viene contestato anche di averla picchiata in due circostanze ma, soprattutto, di averla costretta a fare sesso durante il Ramadan, violando le regole del suo credo religioso. Accuse che la donna, nonostante il perdono e la rappacificazione, rispondendo al pm Gianluca Caputo, ha confermato, ribadendo che quanto aveva sostenuto e messo per iscritto nella querela era corretto.

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