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Agrigento, scafista accusa i compagni: "Io minacciato in carcere"

Foto archivio

«Non sapevo che nella stiva c’erano tre clandestini, mi sono imbarcato su quel peschereccio solo per fare il mio lavoro di pescatore. Hanno fatto tutto gli altri componenti dell’equipaggio»: il quarantatreenne tunisino Amara Jandoubi , arrestato il 20 luglio insieme ad altri tre presunti scafisti tunisini, con l’accusa di avere «scaricato» almeno tre migranti sull’isolotto di Lampione prima di tentare di riprendere la rotta verso l’Africa, accusa altri presunti componenti del gruppo. Lo ha fatto in occasione dell’incidente probatorio che si è tenuto davanti al gip Stefano Zammuto.

A chiedere di cristallizzare la prova e fissare l’udienza per la sua audizione, che rappresenta a tutti gli effetti un’anticipazione del processo, era stato il pubblico ministero Sara Varazi. Il magistrato della Procura, in occasione di un interrogatorio investigativo, aveva raccolto la versione dei fatti dell’indagato che accusava gli altri componenti dell'equipaggio. In mattinata, dopo il rinvio dell’udienza di sabato mattina per un’omessa notifica ad uno dei difensori, si è tenuto l’incidente probatorio nel quale l’indagato è stato chiamato a riferire «fatti concertenti la responsabilità di altri» già messi a verbale nei giorni precedenti davanti agli inquirenti. Il presunto scafista ha risposto alle domande del giudice, del pm e dei componenti del collegio difensivo dei quattro indagati, fra cui lui stesso, ovvero gli avvocati Calogero Lo Giudice, Daniele Re, Samantha Borsellino, Anna Salvago e Riccardo Gueli. Lo ha fatto difendendosi dalle accuse e rivelando di essere stato minacciato per
ritrattare le sue precedenti dichiarazioni.

«Non so chi sia stato, nella cella del carcere - ha detto - ho sentito qualcuno che mi diceva di stare zitto e che mi sarebbe finita male». Il tunisino, però, non ha saputo indicare chi siano gli autori delle presunte intimidazioni nè fornire dettagli utili alla ricostruzione. L’arresto è scattato poco dopo avere scaricato tre migranti da un peschereccio. I quattro tunisini, dopo averli fatti scendere con un materassino, avrebbero provato a fuggire venendo bloccati da Guardia Costiera e Guardia di Finanza. La Procura dispose il fermo che fu convalidato: tutti si trovano ancora in carcere.

«Non sapevo nulla - è stata la difesa di Jandoubi -, sono solo un pescatore. Mansour Marmouch (il comandante del peschereccio, un tunisino di 54 anni) deve aver fatto tutto da solo a giudicare da quello che è successo dopo.
Ognuno di loro sapeva che c’erano tre clandestini nella stiva». La testimonianza del tunisino sarà, adesso, pienamente utilizzabile in un eventuale successivo processo.  La Procura di Agrigento, nelle prossime settimane, tirerà le somme dell’indagine.

L'articolo di Gerlando Cardinale nell'edizione di Agrigento del Giornale di Sicilia

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