I giudici della Corte di assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, con a latere Giuseppe Miceli, hanno condannato tre dei quattro imputati, ritenuti gli scafisti che la sera del 16 agosto del 2018 condussero un gommone al largo di Lampedusa con a bordo oltre 177 migranti, soccorsi poi dalla nave della Guardia Costiera italiana «Diciotti». Fu questo il primo episodio che diede vita a numerosi bracci di ferro fra governo e magistratura sul fronte immigrazione.
Otto anni di reclusione sono stati inflitti agli egiziani Ahmed Shalaby Farid, 23 anni; Ashraf Abnibrahim, 39 anni e Al Jezar Mahammed Ezet, 24 anni; assolto Shahalom Mohammod, 26 anni, del Bangladesh. La vicenda è la stessa da cui è scaturita l’inchiesta del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio a carico dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, indagato per sequestro di persona aggravato, per aver impedito lo sbarco della nave Diciotti. Per il leader della Lega non venne concessa l’autorizzazione a procedere del Senato.
Gli scafisti, ritenuti componenti di una vasta organizzazione criminale (accusa che però, sotto questo aspetto non ha retto al processo) che operava fra più Stati, sono stati riconosciuti dagli altri migranti, una volta arrivati a terra.
I pm della Dda avevano chiesto la condanna a 11 anni e 8 mesi per i tre egiziani e 4 anni e 10 mesi per l’altro imputato che è stato liberato e al quale è stato pure restituito il telefono. I giudici hanno deciso, inoltre, una maxi multa, come prevede il codice per gli scafisti, di 4 milioni e seicentomila euro ciascuno.
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