Chiesto, dai pm della Dda di Palermo Francesca Dessì e Geri Ferrara il rinvio a giudizio, per i sei indagati dell’operazione «Passepartout», che ha svelato un intreccio fra la famiglia mafiosa di Sciacca e una parte della politica. L’udienza preliminare, davanti al gup di Palermo Fabio Pilato, è stata fissata per il 9 settembre.
Fra i principali imputati c'è Antonello Nicosia, 48 anni, di Agrigento, assistente parlamentare della deputata di Italia Viva, Giusi Occhionero, accusato di associazione mafiosa. Nicosia sarebbe stato, secondo gli investigatori, il braccio destro del capomafia Accursio Di Mino, 61 anni, che era tornato libero dopo due condanne per mafia. Insieme avrebbero gestito affari e persino progettato un omicidio.
A Nicosia si contesta, fra le altre cose, di avere strumentalizzato la sua funzione di collaboratore parlamentare per entrare in alcune carceri siciliane, parlare con i boss e trasmettere all’esterno i messaggi che servivano alla gestione della famiglia mafiosa.
Insieme a Nicosia e Dimino - quest’ultimo pure accusato di associazione mafiosa - figura fra i destinatari del provvedimento anche la parlamentare Occhionero che rischia di finire a processo per l’accusa di falso con l’aggravante di avere agevolato l’associazione mafiosa.
La deputata, in particolare, avrebbe dichiarato falsamente, in diverse attestazioni indirizzate alle case circondariali di Agrigento, Sciacca e Palermo che, nel dicembre del 2018, Nicosia «prestava una collaborazione professionale diretta, stabile e continuativa».
Completano la lista degli indagati i fratelli Paolo e Luigi Ciaccio, 33 anni e Massimiliano Mandracchia, 47 anni, accusati di favoreggiamento personale con l’aggravante dell’avere agevolato l’associazione mafiosa. I tre avrebbero messo a disposizione locali di propria proprietà e utenze telefoniche per aiutare Nicosia, Dimino e altri associati a eludere le investigazioni e trasmettere messaggi. Nicosia e Dimino si trovano in carcere dal 4 novembre, giorno in cui è scattata l’operazione.
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