LICATA. Le vittime delle presunte estorsioni sulle buste paga sono state ammesse come parti civili. «Ho deciso di raccontare la verità perché non riuscivo a guardare in faccia mia figlia»: con queste parole, messe a verbale dagli inquirenti, un'operatrice delle cooperative “Libero Gabbiano” e “Arcobaleno”, inizialmente accusata di avere mentito alla Procura per coprire i propri datori di lavoro che le avrebbero imposto il pizzo sulla busta paga, aveva iniziato la sua totale retromarcia e ieri, ufficialmente, è stata ammessa come parte civile.
Altri due colleghi e la stessa cooperativa (assistiti dagli avvocati Salvatore Manganello, Antonino Gaziano, Vincenza Gaziano, Salvatore Loggia e Calogero Lo Giudice) si sono costituiti in giudizio. L’ordinanza è stata emessa ieri mattina dal giudice dell’udienza preliminare Alfonso Malato.
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