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LICATA. «Ho deciso di raccontare la verità perché non riuscivo a guardare in faccia mia figlia»: con queste parole, messe a verbale dagli inquirenti, una dipendente delle cooperative «Libero Gabbiano» e «Arcobaleno», inizialmente accusata di avere mentito alla Procura per coprire i propri datori di lavoro che le avrebbero imposto il pizzo sulla busta paga, ha iniziato la sua totale retromarcia.
Lo stesso hanno fatto altri due colleghi e un loro amico che, sulla base delle intercettazioni telefoniche, secondo gli inquirenti era a conoscenza di tutto ma avrebbe mentito ai finanzieri che lo avevano convocato per interrogarlo.
Tutti, dopo l’avviso di conclusione delle indagini, hanno chiesto di essere interrogati e hanno fatto marcia indietro.
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