Il gip di Agrigento ha convalidato l'arresto in flagranza, per estorsione, dell'avvocato Giuseppe Arnone, arrestato sabato scorso. Il giudice, accogliendo la richiesta della procura, ha disposto per il legale, ex esponente ambientalista, gli arresti domiciliari con divieto di comunicare con l'esterno. Secondo i pm Arnone avrebbe intimidito la collega Francesca Picone, chiedendole una somma di denaro. L'avvocato, denunciato dalla collega, è stato arrestato, mentre Picone gli consegnava due assegni da 14 mila euro. Arnone sarà ai domiciliari nel proprio studio professionale in via Mazzini ad Agrigento.
Il Gip del tribunale di Agrigento, Francesco Provenzano, nell'ordinanza scrive: ''La misura cautelare irroganda va temporalmente ancorata alla definizione del procedimento 523/13 calendato da questo ufficio per il 22 novembre''. Il procedimento cui si riferisce Provenzano è quello a carico dell'avvocato Francesca Picone che è indagata per le ipotesi di reato di estorsione e tentata estorsione. Secondo l'accusa, Arnone avrebbe chiesto a Picone una somma di denaro per non alzare clamore mediatico sulla pregressa vicenda giudiziaria che vede imputata Picone per irregolarità nei confronti di alcuni suoi clienti successivamente assistiti proprio da Arnone.
Ad Agrigento la polizia ha perquisito sia gli studi professionali - in via Mazzini e in via Minerva - sia le abitazioni di San Leone e in città dell'avvocato Giuseppe Arnone, poche ore dopo la sua scarcerazione. Nello studio di via Minerva si sarebbero recati anche i pm che sono titolari del fascicolo di inchiesta - per estorsione - aperto a carico dell'avvocato ambientalista.
La squadra mobile avrebbe portato via un personal computer e degli incartamenti. Arnone, dopo la scarcerazione, è stato posto - in base all'ordinanza di convalida e contestuale applicazione della misura cautelare del Gip Francesco Provenzano - agli arresti domiciliari in via Mazzini, dove ha lo studio, «senza l'applicazione del sistema di controllo elettronico, non essendo ipotizzabile - è il Gip a scriverlo - un rischio di fuga; ma con il divieto di contatti personali, telefonici e telematici con soggetti che non siano appartenenti alla sua famiglia».
AGGIORNAMENTO
La tesi della Procura è stata successivamente ritenuta priva di fondamento e il reato è stato derubricato.
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